domenica, dicembre 18, 2005

Il contratto a progetto. La rovina di onesti lavoratori. A cura di Gloria


Il contratto a progetto
La rovina di onesti lavoratori
Il contratto a progetto, o meglio il contratto di collaborazione a progetto, nasce con l’intento di limitare tutte quelle collaborazioni coordinate e continuative che mascherano il rapporto di lavoro dipendente; mascherano in poche parole la netta differenza che da sempre contraddistingue il datore di lavoro dal dipendente. Il contratto a progetto presenta innumerevoli incertezze perché se da un lato il lavoratore può ritenersi un collaboratore e decidere in modo autonomo il da farsi negli orari e nei modi da lui stabiliti, dall’altro deve comunque sottostare alle regole del “capo”, dalle piu’ semplici alle piu’ complesse. Mi spiego riportando la mia esperienza. Da circa un anno lavoro in una redazione che si occupa di pubblicità; una piccola azienda ben avviata e collaudata che ha dato vita a due siti internet di grande successo e a due riviste, di cui una mensile. In questo ambito io ho un contratto a progetto, quindi non sono un lavoratore dipendente bensi’ autonomo (nulla di piu’ falso). La mia attività dovrebbe consistere nell'esecuzione di un progetto (o programma di lavoro), che devo poter gestire autonomamente senza sottostare al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Terminato il progetto negli orari e nei modi da me stabiliti, potrei senza alcun tipo di difficoltà, tornare a casa, anche avendo lavorato due o tre ore, purchè io abbia terminato il progetto stabilito. In realtà tale autonomia risulta limitata dal fatto che al collaboratore viene richiesto di operare all'interno del ciclo produttivo e dell'organizzazione aziendale, e anche di coordinare la propria attività ai tempi di lavoro e alle necessità dal committente. Capirete bene che tutto cio’ è una contraddizione continua. Il mio lavoro inizia alle 9 e termina alle 18.00; potrebbe aver fine anche prima dell’orario prestabilito cioè le ore 18,00 ma io devo comunque restare fino a tale orario. Perché? Perché se il mio progetto in quel dato giorno è portato a termine? Perché ildatore di lavoro cosi’ ha deciso e cosi’ deve essere.

La legge non prevede una durata massima del rapporto di lavoro a progetto. Nel mio caso il contratto viene rinnovato ogni tre mesi; Va anche ricordato che in caso di malattia o infortunio il datore di lavoro può decidere di interrompere il contratto con il collaboratore anche prima della sua scadenza naturale. Che senso ha tutto cio’? Non lo so, le contraddizioni di tale rapporto lavorativo sono palesi e incredibilmente assurde.
Si è lavoratori autonomi, si stabilisce un progetto da portare a termine, si ha la massima autonomia nello svolgimento di tutte le attività ma gli orari lavorativi e il da farsi in ogni circostanza vengono decisi sempre e comunque dal datore di lavoro. Se il mio progetto termina alle 16.00, io devo comunque rimanere in redazione fino alle 18,00; non ho mai inoltre la certezza di poter continuare a lavorare se non entro i tre mesi facenti parte della durata del progetto in questione, gli straordinari non vengono retribuiti. Questa è solo una piccola parte della brutta realtà di questi nuovi contratti, se volete saperne di più chiedete pure.
Gloria

sabato, dicembre 17, 2005

Le (tragi)comiche di Berlusconi


STRASBURGO 2 luglio 2003. Alta tensione al Parlamento di Strasburgo. Silvio Berlusconi ha presentato in aula le linee programmatiche del semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea. Ma durante il suo intervento il clima si è surriscaldato, in particolare sui temi della giustizia e del conflitto di interessi: cartelli esposti dai Verdi (per Berlusconi "turisti della democrazia"), critiche di liberali, socialisti e socialdemocratici. Lo scontro più aspro, quello con il capo delegazione della Spd, Martin Schulz. Che ha rimproverato Berlusconi di aver "dimenticato" di citare Umberto Bossi ("le sue dichiarazioni sono inaccettabili"), ed ha chiesto al presidente del Consiglio quali fossero i programmi sull'istituzione di una procura di Stato europea, sul mandato d'arresto europeo, e sul riconoscimento reciproco di documenti nei processi penali. Raggelante la replica di Berlusconi: "In Italia stanno preparando un film sui campi di concentramento - ha detto a Schulz -, ed io la proporrò per il ruolo di kapò". Immediata la protesta dai banchi delle sinistre, e durissima la controreplica dello stesso Schulz: "Mi chiedo se chi è capace di dire certe cose, può essere in grado di svolgere una funzione pubblica". Berlusconi - Schulz kapò.rm (1.441 Kb - durata 00.53)

Sono cinque secondi datati 26 marzo 2004. Siamo al Consiglio Europeo di Bruxelles. I leader europei sono appena arrivati a palazzo Justus Lypsisus, sede del summit. Berlusconi è seduto a un tavolo, ha la testa china, e si vede in bella mostra la calvizie che il premier nasconde accuratamente - quando può - alle telecamere. All'improvviso ecco la mano misteriosa. Quella del premier lussemburghese Jean Claude Junker, si scoprirà più avanti. Gli tira tre pacche sulla testa. Una dopo l'altra. Mica tanto piano. Berlusconi è stupefatto, poi visibilmente irritato. Ma è impossibile descrivere la sua reazione. Si può solo vederla. Come stanno facendo milioni di italiani, in tv o al loro computer. Berlusconi - Pat pat, dear Silvio.mpeg (924 Kb - durata 00.05)

Berlusconi si cimenta come comico con una barzelletta.
Berlusconi - Barzelletta.mp3

Anche se già pubblicata in un post passato riproponiamo l'epica lite tra Santoro e Berlusconi
Berlusconi - Si contenga Santoro.mp3

Una microfonata pazzesca, fortissima. Nella ressa dei giornalisti qualcuno assesta il micidiale colpo sui denti miliardari di Berlusconi. La reazione è ormai un classico...
Berlusconi - Ma cribbio nei denti me l'ha dato.mp3

In ultimo vi proponiamo l'inno di Forza Italia. L'alto contenuto comico ne giustifica la pubblicazione. La demagogia di Silvio si sprigiona tutta qui, nell'inno che è una di quelle cose che tra cent'anni risentiremo con imbarazzo e stupore, come uno dei tanti segni delle degenerazioni del berlusconismo.
Inno Forza Italia.mp3

mercoledì, dicembre 14, 2005

Due Parole sul saluto romano di Di Canio



Paolo Di Canio non fa mistero del suo essere fascista. Non riesce nemmeno troppo bene a fare mistero di essere un troglodita. La parlata da coatto di sedici anni, i modi rissosi (perché è un guerriero dicono (!?)), il sostegno assoluto alla sua discutibile curva nord ci parlano molto del suo animo. Dichiarazioni come “i tifosi del Livorno avevano l’immagine di Fidel Castro sotto il maglione” riferendosi a Che Guevara oppure “se siamo in mano alla comunità ebraica è davvero la fine” riferendosi al rischio di ammenda e al rischio di denuncia della comunità in questione parlano di lui meglio di qualsiasi altra cosa. Di Canio è un libro aperto in tal senso. Non ti fa mistero di ciò che è. Lo capisci subito quando scende in campo con la faccia cattiva che più cattiva non si può che recita, capisci subito che il suo intento è sedurre la curva perché lui è fatto proprio così, è un arraffa popolo di seconda categoria, un personaggio con copione da rispettare. Ostenta il suo essere fascista con tatuaggio con scritto “dux” e col saluto romano, saluto che ha ripetuto a Livorno (per questo la comunità ebraica lo vuole denunciare) e con il fraseggiare pieno di retorica epico-fascista. Ha trentasette anni, una famiglia, una figlia. Eppure la responsabilità, la maturità, il raziocinio ancora non è tra le sue doti.
I laziali a Livorno hanno subito un trattamento vergognoso. Hanno ricevuto petardi addosso al pullman, cori infami e addirittura i Livornesi hanno provato a tirare un razzo addosso a Di Canio, che lo avrebbe potuto tranquillamente uccidere o ferire gravemente. C’era proprio da incazzarsi ad essere laziali. C’era proprio qualcosa da denunciare in quella partita, in quel clima. Paolo il rude però ci è ricascato, ha rifatto il saluto romano facendosi sputare veleno addosso, diventando ancora una volta un caso, mandando in secondo piano quello che si sarebbe potuto denunciare del comportamento dei livornesi. L’eroe dei laziali ha fatto il male dei laziali. Ha meno neuroni dei capelli. Allora accortosi della cazzata inizia a salvare il salvabile quindi “il pugno chiuso è come il saluto romano” con improbabile equiparazione tra il comunismo fortunatamente alieno all’Italia nella sua forma di regime ed il fascismo che ha umiliato l’Italia per un ventennio trascinandola in una guerra che generò cinquanta milioni di morti, spara frasi ambigue e preoccupanti sulla comunità ebraica alla quale quel saluto tolse sei milioni di membri, corre dagli amichetti della curva nord a cercare sostegno, invoca Lotito per difenderlo. Che brutta figura zoticone Di Canio! Avresti potuto denunciare i torti subiti ed invece ti ritrovi che ti vogliono denunciare!
Ci sarebbe poi il discorso della responsabilità verso i giovani che vanno allo stadio, verso i possibili scontri che personaggi come lui creano. Ma non lo faremo. Parlare di maturità, responsabilità, misura parlando di Di Canio è come mettere la cravatta al maiale.

giovedì, dicembre 08, 2005

E se facessi il pilota..? di RaoulBoia


Riporto la mia esperienza personale giusto per far sapere come funziona una parte, magari oscura per molti, del mondo lavorativo italiano.
Quando ero bambino i vari disegni fanciulleschi di aerei di linea con i missili al posto dei motori, gli aeroplanini di carta, i modellini in plastica diventarono senza che me ne accorgessi una passione per me,una passione che mi portò a cercare in ogni modo di raggiungere il mio obiettivo,quello di volare; non sapevo se come pilota di linea, o magari militare…l’importante per me era volare, nient’altro!
Le scuole superiori portarono buone nuove per me, ma già a loro modo preoccupanti. Mi ero iscritto all’istituto tecnico aeronautico F. De Pinedo di Roma, ma il mio iter iniziava diversamente dagli altri miei amici, infatti dovevo inviare la domanda, avere ottenuto un ottimo voto alla fine delle scuole medie, e sperare nella disponibilità di posti. Arrivata l’ambita lettera di accettazione, ecco subito la seconda formalità: la visita medica! Ma come, solo per iniziare la scuola serve effettuare un sfilza di visite mediche che non finisce più? Bene, vorrà dire che la scuola ti catapulta così direttamente nel mondo del pilotaggio che è bene sapere fin da subito se si è “sani” per il volo o meno!!! E invece no! Dopo che i missili dei miei disegni erano diventati complessi motori turbocompressi o sovralimentati, dopo lo studio dell’aerotecnica, della navigazione aerea, del traffico aereo, della meteorologia chiunque penserebbe di essere (almeno un po’) qualificato per svolgere il lavoro del pilota…altro errore!!!
Per diventare pilota la credenziale lasciata dall’istituto tecnico aeronautico vale come qualsiasi altra scuola, cioè niente.
Ci sono due strade da seguire a questo punto: si può scegliere la via civile o quella militare.
Partiamo dalla più comoda, quella civile.
I brevetti da conseguire per diventare un pilota di linea sono tre: Brevetto di pilota privato, brevetto di pilota commerciale e brevetto di pilota di linea. Si possono conseguire in maniera modulare, cioè uno per volta, gradualmente e secondo la personale disponibilità di tempo e denaro, o integralmente, cioè partendo da zero ed arrivando al brevetto di pilota di linea. Il costo di questa situazione è, mediamente, di 60.000 euro!!! Senza contare che dopo servono centinaia di ore di volo di esperienza per potersi avvicinare ad una linea aerea.
Scartata questa ipotesi si passa al campo militare. Ci sono vari modi per diventare un pilota militare, pressoché simili tra loro. Parlando dell’aeronautica militare, corpo naturale per un pilota, si può scegliere di partecipare al concorso per i corsi regolari di accademia, dove dopo 4 anni di studi in accademia si inizia la carriera di pilota…per questo concorso i posti sono una settantina per circa 10000 domande ogni anno, le prove sono ostiche, le raccomandazioni d’obbligo, e la mano del grande fratello signore delle aeronautiche sempre presente. Si pensi che per i test iniziali si usa la massima trasparenza: correzione automatica, testimoni estratti a caso tra i concorrenti, risultati quasi istantanei… poi le visite…poi il tema! Ah, il tema merita un po’ di spazio. Il tema si scrive, si consegna, e poi il mondo si divide in tre categorie: chi prende 19/30, chi prende 21/30, e quattro o cinque persone sulle 900 che arrivano a fare il tema balzano come per magia a 25-26/30. La soglia per il passaggio dell’esame è 21/30 ! Nessuno prende meno di 18-19, e sul tema NON SI POSSONO CHIEDERE SPIEGAZIONI, sparisce, ormai è andato. Non è concesso chiedersi se la soggettività intrinseca in questo tipo di prova possa magari aver influenzato verso alcune direzioni l’inerzia dell’esame. Bene, una volta che questo miracolo si è compiuto (io ho fatto parte sia dei 19/30 che dei 21/30 e ancora non mi rendo conto di come diavolo mi abbiano giudicato!) ci si trova davanti al fiore all’occhiello della commissione di selezione dell’ A.M….IL TIROCINIO PSICO-ATTITUDINALE! Cosa si nasconde dietro questo termine? Ma è presto detto. Il tirocinio consiste nella permanenza di circa 9 giorni in accademia aeronautica a Pozzuoli per essere valutati sotto vari punti di vista. Non si è ancora stati assunti, si è ancora civili, si è ancora in una fase concorsuale, eppure quello che succede ha dell’incredibile. In barba alla scrupolosa trasparenza dei primi step, in accademia si è sotto l’inquadramento di un manipolo di individui noti col nome di aspiranti e frequentanti il terzo anno dei corsi regolari di accademia. Questi personaggi assegnano punizioni, scherniscono i candidati, si arrabbiano ed urlano PILOTANDO (finalmente dopo tre anni possono pilotare qualcosa!) l’esito del tirocinio. Dimenticando che hanno a che fare con civili impartiscono punizioni atte a distruggere l’equilibrio fisico del candidato, costringendolo ad astute punizioni corporali infatti pur non osando toccare i candidati, gli ORDINANO di stare in piedi e sugli attenti, in un fascio di nervi, con le braccia strette al corpo tanto da non lasciar trasparire luce, con la testa alta ed il naso indicante il soffitto! Dopo aver lasciato tutto il gruppo per un’ora così, se la prendono con qualcuno in particolare, mantenendo durante il riposo della “compagnia” la posizione di attenti, e poi si ricomincia tutti insieme, e poi ancora una volta solo gli indisciplinati…un po’ alla full metal jaket, sanno di essere intoccabili tra quelle quattro mura, sanno che se hanno fatto passare l’incidente di Ustica per 25 anni, nonostante l’ovvietà dell’accaduto, come colpa di altri, e poi di nessuno, non sarà certo il mio caso o quello di altri a destare l’opinione della cronaca.
Quando dopo due giorni di stress fisico continuo (se non vogliono i signori aspiranti non si mangia, non si dorme, non si parla e non ci si muove, e spesso capita appunto che le persone restino sugli attenti davanti alla tavola senza poter mangiare, perché magari avevano messo il coltello con la lama rivolta verso l’interno invece che verso l’esterno, o che non si possa andare a dormire perché qualcuno ha lasciato il bagnoschiuma nelle docce!) i legamenti del mio ginocchio hanno ceduto ho detto basta, ho chiesto di smetterla con la buffonata alla quale stavo partecipando, e loro mi hanno risposto che potevo andarmene quando volevo, e che se volevo rimanere dovevo stare alle loro regole.
Beh, capisco la frustrazione dei poveri aspiranti, ma loro hanno avuto il potere di pilotare senza alcun tipo di supervisione l’esito del concorso.
Hanno rubato un mio sogno per darlo a chi volevano loro, mi hanno rovinato i legamenti del ginocchio, mi hanno urlato in faccia e dato ordini nonostante non fossi un militare, mi hanno vietato di mangiare e a volte di dormire…ma nessuno pagherà, perché dicono che queste cose fanno diventare uomini.
Meno male che ho avuto la forza per non diventare un cagnolino dello Stato, per non dover dire “sissignore” anche a ordini incredibili, per non dover fare il soldatino impettito per compiacere un superiore, per non dover fare il cubo dei vestiti, perché tutto sommato esistono le stampelle…

Alla fine di questo lungo articolo dico che non farò mai quello che ho sempre sognato di fare,il pilota, ma solo perché l’Italia non offre nessuna possibilità a chi non sia ricco, o amico di qualche generale o semplicemente un anonimo leccapiedi che per lavoro spala la merda che i superiori hanno prodotto….

RaoulBoia

domenica, dicembre 04, 2005

Risposta a RaoulBoia e a "J" ascia: Gem Smider Land diventa S.p.A.

Carissimo RaoulBoia, Carissimo “J” ascia,
vi ringrazio tanto delle belle parole (mi hanno sinceramente commosso) e dei complimenti. Vi ringrazio anche perché so che avete capito a pieno lo spirito di questo blog: Collaborazione, al fine di essere tutti un po’ più istruiti, al fine di conoscerci e di sondare insieme lo scibile. Questo malgrado uno (pseudo) nome di battesimo che intitola il blog e che gli dà quel carattere personale che forse ha depistato alcuni. Sono convinto che in realtà questo blog è cogestito, da tutti noi a dispetto del nome appunto de “la terra di Gem Smider”. E se questo non fosse stato esplicito sin dall’inizio allora avverto tutti che “Gem Smider Land” diventa S.p.A. cioè darà la possibilità a chiunque voglia di scrivere sulla pagina principale e anche di far parte del “team” così da pubblicare articoli senza avvertire preventivamente nessuno e se si volesse si potrebbe anche cambiare il nome del blog per suggellare la cooperativa intellettuale che vuol essere. L’obbiettivo è un pensatoio in rete, non una pagina in cui Gem Smider fa dell’onanismo intellettuale per megalomania. Tornando a noi, è vero, il blog non ha avuto molti commenti. E giustifico questo con la caratteristica del blog di essere divulgativo, e non salotto ozioso, e con la difficile commentabilità di alcuni posts che sono conchiusi in sé stessi. Poi, altro dato che mi rassicura, è la media dei commenti dei blog in genere, media dalla quale deduco che sono (siamo!) nella media. Ci si mette infine pure “blogger” che gentilmente elargisce la pagina web ma che non è assolutamente visibile per due motivi: il primo è che l’ home page di “blogger” è praticamente priva di un elenco dei blog, sia esso tematico o dei blog di maggior successo o di quelli maggiormente aggiornati; il secondo motivo è che gli utenti di “blogger” che potenzialmente dovrebbero essere i più facilitati nel trovarci sono tutti stranieri, di italiano non c’è quasi nessuno. Così non si fa quel salottino in rete di cui altri blog godono.
Ma noi in fin dei conti non ci aspettiamo successo o un vastissimo pubblico, perché come hai detto tu, Raoul, da che mondo e mondo la pochezza degli argomenti è talvolta preferita a temi magari ostici, per chi non è avvezzo alle modalità più nobili ed erudite, quindi esclusive per loro natura, del puro e mirabile meccanismo dialogico che si ha quando ci si dice vicendevolmente “voglio parlarti di…”, “a me interessa questo. Voglio condividerlo con te…”. La sorte di questo tipo di comunicazione non è di grande successo, come la tv ci dimostra.
Vi ringrazio tanto (vi scriverei pure che vi voglio bene ma mi vergogno) per quello che avete scritto e ribadisco che siamo una cooperativa. Aspettiamo altri collaboratori.

Gem Smider