venerdì, aprile 28, 2006

Ma allora era tutto vero?


Moggi-Giraudo (cioè la Juventus) , Pairetto (designatore arbitrale), sono sotto la bufera per delle intercettazioni che vedrebbero Moggi parlare con il designatore per assicurarsi arbitraggi favorevoli. Oltre che battute e discorsi che parlano di un mondo fatto di favori e raccomandazioni.
Io da tifoso non troppo acceso ho sempre visto la Juventus come una squadra che ha molto da nascondere.
Solo impressioni, in seguito confermate dalle accuse di doping ed ora da queste ultime.
Come ci dobbiamo comportare? Il dubbio che il campionato e molti altri precedenti, siano falsati è troppo forte.
Ora almeno nessuno ci potrà più dire, quando urleremo che la Juve è una squadra di ladri, che è solo invidia.
Ma soprattutto prego alla giustizia sportiva di risparmiarci il solito siparietto dove nessuno sapeva nulla, dove tutti si lavano le mani, perchè nel bene o nel male è tutto il calcio italiano che è corrotto e malato.

Mithra


Mithra era un antichissimo dio, le cui origini si possono facilmente collocare nel più arcaico pantheon indo-iranico. Nella diaspora persiana seguita alla caduta dell'Impero Achemenide per causa della vittoriosa invasione di Alessandro Magno, il culto dell'iranico Mithra, trasportato in Asia Minore, assunse i lineamenti tipici di una religione misterica, ossia di unareligione di salvezza, che prometteva un destino migliore nell'altra vita dando all'uomo la speranza di poter ascendere dopo la morte attraverso le sfere planetarie, ed avere di conseguenza accesso alle beatitudini celesti. Questa religione, tra il I ed il III secolo dopo Cristo, si diffuse da un capo all'altro dell'Impero Romano in tutte le provincie, dal Danubio alla Spagna, dall'Africa alla Britannia.
La "conquista" mitriaca dell'occidente fu però subordinata ad una condizione irrevocabile: per poter essere accolto nel mondo greco-romano il Mitraismo doveva spogliarsi della originaria morfologia barbaro-asiatica ed assumere i modi e gli stili strutturali cari alla cultura occidentale. Così infatti avvenne. Al posto delle arcane cantilene recitate dai Magi durante il trance estatico in una lingua incomprensibile (cfr. Herod. I, 132) subentrò una liturgia redatta in lingua greca (cfr. Firmico Materno, De Errore Profanarum Religionum,V) e probabilmente anche in lingua latina.
Il Mitraismo conservò purtuttavia il suo spirito orientale; ma tutta la sua struttura ideologica dovette rinunziare alla tradizionale formulazione iranica, per adottare una terminologia più consona all' ambiente occidentale. Le arcaiche denominazioni delle divinità mitriache dovettero così cedere il posto agli usuali nomi delle corrispondenti divinità greco-romane e, insieme ai nomi furono adottate anche le rispettive tipologie simboliche, secondo l'iconografia religiosa ormai convenzionale nel mondo classico ed ellenistico. In questo modo 1' antica divinità iranica del cielo (cfr. Herod.1,131), che nella religione di Zarathushtra si chiamava Ahura Mazda (pahlavico, Ohrmazd) divenne Zeus, Giove; mentre il suo avversario, il principe del male Angra Mainyu (Ahriman) venne ad identificarsi con il dio degli Inferi Hades-Plutone. I1 dio di una bevanda inebriante usata dai Magi mazdei a scopo liturgico nelle loro trance estatiche, l'haoma (che di volta in volta è stata identificata con la cannabis sativa, 1'asclepias acida, l'amanita muscaria, e l'amomo), divenne Dionysos-Bacco, il dio del vino. Le divinità iraniche corrispondenti ai grandi astri del giorno e delle notte divennero Helios e Selene, Sol e Luna; l'immagine "divinizzata" della Terra fu rappresentata sotto le sembianze di Hera-Giunone; l'Acqua come Poseidon-Nettuno; e così via...
Vi furono però dei limiti a questo processo sincretistico di assimilazione e di trasfusione di elementi religiosi fra loro solo apparentemente discordi; Mithra, la divinità principale, mantenne inalterato il suo nome, mentre l'arcaico epiteto iranico di Nabarzes cedette il posto al greco Aniketos ed al latino Invictus. Quest'ultimo epiteto era poi segno della stessa personificazione salvifica di Mithra nel ruolo di messaggero del Sole di mezzodì vincitore sulle tenebre (Sol Invictus, Sole Invincibile), ruolo che nella tradizione iranica spettava al Saoshyant (il redentore-salvatore) foriero della Gloria e dello Splendore divino (Xvarenah): < ...Lo Xvarenah si associerà al Saoshyant vittorioso e agli altri suoi soci, quando renderà eccellente la vita, non soggetta a vecchiaia, non soggetta a morte, incorruttibile, immarcescibile, sempre viva..." (Yasht, XIX, 89 trad. Gh. Gnoli).
I misteri mitriaci venivano officiati in grotte, spesso attigue alle catacombe dei cristiani, denominate antrum, spelaeum, o spelunca. Esse erano costituite da un portico (porticus), una sala (pronaos), una sacrestia (apparatorium), e da un ambiente culturale vero e proprio (la crypta). Questa struttura architettonica era poi rifinita (come nel caso del Mitreo di Dura Europos) dalla volta del soffitto dipinta in blu e punteggiata di stelle, mentre l'arco sovrastante l'abside (istoriato con rilievi raffiguranti Mithra nell'atto di sacrificare il toro) recava dipinti i segni Zodiacali. Tale simbolismo cosmico-astrale era poi completato dalle raffigurazioni di Sol e Luna, e da una sorgente situata nell'antro; ciò peraltro corrispondeva alla descrizione della grotta mitriaca fattane da Porfirio (cfr. De Antrum Nympharum, VI) il quale menzionava sia sorgenti d'acqua che verdi alberi in fiore. Datali testimonianze (sia iconografiche che scritte) si può facilmente dedurre che lo spelaeum mitriaco rappresentasse simbolicamente il cosmo, immagine del mondo nel quale il re-salvatore Mithra si manifestava portando la luce della conoscenza e della vita.
Nella personificazione di Sol Invictus, Mithra nasceva da una cava rocciosa il 25 dicembre. Egli era infatti petroghénes, cioè "nato dalla roccia", e portatore della ignea fiaccola, simbolo dell'epifania luminosa e gloriosa del dio salvatore; allo stesso modo l'iranico redentore del mondo Saoshyant si sarebbe rivelato alla fine dei tempi: materializzandosi in una forma corporea consustanziale alle stelle, all'interno di una colonna luminosa. Tale dimensione salvifica del culto, unita a speculazioni e simbologie di tipo cosmico-astrale (cfr. la struttura architettonica dei Mitrei), dava evidentemente testimonianza di una indissolubile continuità con le concezioni soteriologiche dei Magi persiani, unite a dottrine di tipo astrologico.
Il simbolismo cosmico connesso ai Misteri di Mithra, non era unicamente di natura per così dire "discendente", ovverossia legato solamente al manifestarsi della divinità salvatrice nel cosmo sensibile. Esisteva, al contrario, anche una specie di gerarchia "ascendente", una ,scala (cfr. Origene, Contra Celsum, VI, 22) iniziatica che permetteva al neofito di accedere alle beatitudini divine, sottoponendolo ad un rigido rituale di iniziazione durante il quale si sarebbe realizzata la sua "divinizzazione" in terra, oltrepassando e dissolvendo le catene del fato e del tempo, emancipandosi dal dominio delle forze infere.
L'iniziazione mitriaca era così strutturata in sette gradi, assimilati ad una simbologia di tipo astrale planetario (della quale molto ci sfugge), ed annessi inoltre a prove di valore e di tenacia. L'ultimo grado era quello del corvo (corax), associato al pianeta Mercurio, simboleggiato dal caduceo, e da un piccolo vaso rituale, che probabil mente rappresentava il vaso delle acque lustrali nelle quali doveva purificarsi il neofito per essere introdotto, morendo e rinascendo a nuova vita, nel sacro cosmo dell'iniziazione. Il secondo grado era quello di nymphus, lo sposo mistico, tutelato dal pianeta Venere e simboleggiato dal diadema con il quale si voleva probabilmente accennare alle simboliche nozze che l'iniziato doveva celebrare in sé stesso, riunendo in un'armonia di tipo androginico le opposte tensioni ammiche tra maschile e femminile. Il terzo grado, quello di miles (soldato), tutelato dal pianeta Marte, si riferiva forse a prove iniziatiche di tipo guerresco, visto che gli emblemi ad esso associati erano l'elmo, la lancia ed una specie di bisaccia (od otre). Questo simbolismo prettamente maschile ed igneo lo si ritrova nel successivo grado iniziatico (ilquarto), corrispondente al leo (leone), connesso astralmente al pianeta Giove e simboleggiato dal fulmine e dalla paletta con la quale, durante una prova di coraggio il cui svolgimento ci è oscuro, il mystes doveva portare od attizzare il fuoco sacro del Mitreo. Tra questi ultimi due simboli vi era poi il sistro, un oggetto rituale che fa pensare al culto romano della Magna Mater (Grande Madre), per la quale il leone era animale sacro, la cui figura era forse legata alla protezione del mystes mitriaco. Il quinto grado era quello di Perses (Persiano), rappresentato da una spada ricurva (o da una falce) e dalle spighe di grano, esso era sotto la tutela della Luna, simbolo connesso alle vicende iniziatiche del mystes sottoposto ad un ciclico percorso di morte e rinascita. Sede per eccellenza delle forme embrionali, la Luna rappresentava così la tappa obbligata del processo di rigenerazione spirituale dell'iniziato mitriaco.
Il grado successivo spettava all'heliodromos (il "Corriere del Sole"), simboleggiato dalla frusta usata da Mithra nel condurre la quadriga del Sole(del quale era alleato e messaggero), dalla corona raggiante e dalla fiaccola, emblema quest'ultimo, come abbiamo visto, della miracolosa nascita del dio. L'ultimo grado infine era quello di pater (padre), a volte anche noto con l'epiteto di pater feliccisimus. Simboleggiato dal berretto frigio di Mithra, esso rappresentava la tappa finale del percorso iniziatico, nella quale il mystes mitriaco si identificava e si trasfigurava nell'immagine del dio, assimilandosi nelle sue funzioni di demiurgo e di psicopompo (traslatore di anime); attributi questi ultimi ben simboleggiati anche dalla bacchetta magica (rabdos) e dall'associazione con il pianeta Saturno.
Poco o nulla si sa della liturgia sacramentale vera e propria celebrata negli spelaeum mitriaci, che forse doveva consistere in un pasto a base di pane e vino (o di altri cibi consacrati), durante la quale venivano forse intonati inni o canti di natura liturgico propiziatoria.
Colpisce inoltre nell'iconografia religiosa del Mitraismo la raffigurazione di un essere divino sicuramente estraneo al pantheon classico: un essere mostruoso, alato, con testa di leone, ed il corpo avvolto nelle spire di un serpente. Esso secondo F. Cumont era una immagine del Tempo, che ogni cosa dissolve e consuma, le ali accennavano alla rapidità del suo fluire; le circonvoluzioni del serpente, la cui testa poggiava di solito sopra il capo leonino alludevano alla vicenda ciclica alla quale erano sottoposti i moti stellari ed astrali, che presiedevano all'implacabile scorrere del Tempo. Sovente questa fantastica divinità che gli antichi chiamavano anche Eone (Aion, Seculum, Eternità) teneva in mano una o due chiavi. Questo era un riferimento al Sole, che nel suo corso quotidiano alternativamente apriva e chiudeva le due porte del cielo, ad Oriente quando si levava, a Ponente quando tramontava. Altro attributo frequente era lo scettro, simbolo del dominio sul Tempo, esercitato eternamente su ogni cosa.
Questa strana immagine di divinità diffusasi in tutto l'ambito ellenistico, era un elemento totalmente estraneo al pantheon grecoromano, ed apparteneva sicuramente al nucleo originario iranico del Mitraismo. Prova di ciò era la sua relativa arcaicità, testimoniata già sin dal IV sec. a.C. da Eudemo di Rodi, discepolo di Aristotele (cfr. Damascio, Dubitationes et Solutiones, 125 bis).
Il nome iranico di tale divinità era Zurván (o Zrvan). Nello Zoroastrismo ortodosso Zurván impersonava i panni di una creatura del buono Ahura Mazda (cfr. Videvdat, XIX, 13, 16). All'epoca della rinascita persiana durante il regno dei Sassanidi, quando lo Zoroastrismo divenne la religione ufficiale denominata appunto zurvanita, che, al contrario della dottrina dualistica ortodossa la quale poneva come coesistenti già sin dalle origini (ed ab aeternum) i due principi antagonisti del Bene e del Male (Ahura Mazda ed Ahriman), faceva derivare ambedue i principi da un'unica superiore ed assoluta entità precisamente da Zurván akarana, il "Tempo Infinito". Da questa misteriosa entità procedevano perciò i due "gemelli" Ohrmazd ed Ahriman, inserendo di conseguenza un netto (e... "pericoloso") dualismo ontologico fino ad allora sconosciuto all'ortodossia zoroastriana.
Questa figura, in accordo poi con le sue funzioni "demiurgiche" e temporali, fu poi chiamata dai greci con il nome del loro dio Chronos (Saturno). Diffusosi il culto Mitriaco in tutto l'ambito mediterraneo (specialmente per opera di soldati, e pirati) si può facilmente supporre che l'iconografia tipica del primitivo Zurván iranico, Signore del "Tempo Infinito", si sia arricchita, specialmente in terra egiziana, di attributi zoomorfi. Nota era ad esempio l'abitudine degli egizi di raffigurare le proprie divinità in figura animale; ed attraverso un processo di assimilazione sincretistica poteva essere avvenuto che allo Zurvàn-Chronos mitriaco e divinità egizie a testa di animale come la dea leonessa Sekmeth (la "possente"), paredra del demiurgo Ptah il cui culto era celebrato nella città di Menfi. Per quanto concerneva poi il simbolismo del serpente, sempre associato aquesta divinità mitriaca, bisogna inoltre ricordare che tale simbolismo (cfr. 1' Uroboros ellenistico) era tipico di religioni misteriche come la gnosi, specialmente per quanto riguardava sette come gli Ofiti (=adoratori di serpenti) i quali in esso vi raffiguravano la stessa immagine del Cristo separatosi dal Gesù psichico e carnale sulla croce, sulla quale, sempre secondo le loro concezioni, sarebbe stato immolato l'edenico serpente.
Non stupisce, così, che la mostruosa figura dello Zurván mitriaco si sia con l'andar del tempo arricchita sempre più di caratteristiche ed attributi, provenienti dalle culture religiose nelle quali il culto mitriaco penetrava e faceva proseliti a tal punto, da far scrivere ad un illustre studioso come Ernest Renan:
"...Se il cristianesimo fosse stato fermato nella sua espansione per via di qualche malattia mortale, il mondo sarebbe stato mitriaco"
(cfr. Marc Aurèle, p. 579).

"Mithra tornerà sulla terra per redimere nuove anime che porteranno la luce e lo splendore sulla terra fino negli angoli più bui; tutto tornerà come era in principio, cancellando la paura che al momento regna incontrastata sull'uomo.Non temere uomo della terra, destati e segui la via della luce per portare amore divino e spirito. Sconfiggi i mali che ti affliggono e corri veloce verso la luce che ti abbraccerà e ti ingloberà per rendere la terra di un solo amore. Apri la tua mente, apri il tuo cuore, non avere incertezze che ti fanno indugiare sul tuo cammino, ma mostrati sicuro e coraggioso di fronte al carro che corre veloce nel cielo; monta sul carro e indirizzati anche tu verso la luce."

La banda della Magliana


Banda della magliana è il nome attribuito dal giornalismo italiano a quella che è considerata la più potente organizzazione criminale che abbia mai operato a Roma. Il nome deriva da quello del quartiere della Magliana, in cui vivevano molti dei suoi componenti.
La nascita della banda risale al 1976, quando Franco Giuseppucci, piccolo criminale del quartiere di Trastevere e futuro componente della banda, nasconde e trasporta armi per conto di altri criminali. Un giorno si ferma con un'auto carica di armi davanti ad un bar per prendere un caffè; fatalità vuole che quell'auto gli venga casualmente rubata. Le armi contenute nel bagagliaio della Volkswagen sono di un suo amico, Enrico De Pedis alias Renatino, un rapinatore che gode di buon rispetto all'interno della malavita romana.
Giuseppucci trova il ladro che gli ha sottratto l'auto, ma le armi sono state vendute ad un gruppo di rapinatori appena formatosi nel nuovo quartiere romano della Magliana.Giuseppucci decide quindi di andare a parlare con "quelli di via della Magliana", in particolare cerca e trova Maurizio Abbatino detto Crispino, un giovane rapinatore dal sangue freddo che aveva acquistato le armi. I due, stranamente, si accordano per compiere alcuni colpi; nel gruppo rientrano anche De Pedis e gli altri della Magliana.
Da semplice associazione di rapinatori, il patto prende forma di una potenziale organizzazione per il controllo della criminalità romana, dove iniziano a lavorare anche altri criminali di altre zone: Marcello Colafigli, Edoardo Toscano detto L'operaietto e Claudio Sicilia detto er vesuviano per le sue origini.
Il loro primo lavoro il 7 novembre 1977 sarà un sequestro, quello del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, che però finirà male. Data l'inesperienza nel campo, Giuseppucci e gli altri non riescono a gestire la situazione e devono chiedere aiuto ad un altro gruppo criminale, un componente del quale, per distrazione, si fa vedere in faccia dal duca, che sarà dunque ucciso.
Riescono a ricevere comunque il riscatto, lo dividono con l'altro gruppo e invece di risuddividersi la loro metà, decidono di reinvestirla in attività criminali.
Da qui, l'unione con altri gruppi romani: uno del quartiere Tufello con a capo Gianfranco Urbani (Er pantera), uno di Ostia con a capo Nicolino Selis che ha forti legami con la Camorra e I Testaccini, un violento gruppo di Testaccio comandato da Danilo Abbruciati, Er Camaleonte.
Nasce così la Banda della Magliana.
Il motivo per cui un gruppo riesce a raggiungere per la prima volta il controllo di una metropoli come Roma è da cercarsi nei metodi che la Banda della Magliana introdusse nel panorama capitolino.Primo fra tutti, gli omicidi.
Dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni settanta la criminalità romana era divisa in quartieri: ognuno controllava la propria zona dove mantenere il potere era semplice. Non che non si commettessero omicidi, ma le pistole si usavano molto raramente e nessuno di essi veniva premeditato per il mantenimento o la conquista del potere. Quelli della Magliana, invece, vollero allargare il controllo a tutta la città e per farlo usarono sistematicamente le pistole, eliminando gli oppositori alla loro espansione e contemporaneamente incutendo timore a chi solo avrebbe voluto mettersi in mezzo alla crescita della banda.
"Eravamo i più potenti, perché eravamo gli unici che sparavano", avrebbe detto anni dopo in un'aula di tribunale uno di loro.La prima e la più celebre delle cancellazioni ad opera del gruppo, fu quella di Franco Nicolini detto Er criminale che controllava il mondo orbitante attorno le scommesse ippiche.Gli affari della Banda della Magliana, dalle semplici rapine, passarono in poco tempo ai sequestri, scommesse ippiche appunto, colpi ai caveau e soprattutto traffico di droga, affare per cui era necessario questo controllo capillare del territorio.
A questo gruppo criminale vennero attribuiti legami con diversi tipi di organizzazioni quali Cosa Nostra, Camorra, 'Ndrangheta, ma anche con esponenti del mondo della politica come Licio Gelli e Loggia P2, nonché estrema destra eversiva e servizi segreti.
Come succede a molti gruppi criminali, la banda finì male, infatti molti componenti finirono uccisi, alcuni anche per mano della banda stessa, altri finirono in carcere, ma nonostante tutto resta la più potente organizzazione criminale che Roma possa ricordare.
Tratto da “Wikipedia”
Sul tema ci sono vari libri sui quali approfondire quella che è una storia veramente interessante e ben più articolata, e molto bello è anche il film “Romanzo Criminale” di Michele Placido.

giovedì, aprile 27, 2006

Antonio Gramsci





«Io sono stato abituato
dalla vita isolata,
che ho vissuto fino dalla fanciullezza,
a nascondere i miei stati d'animo
dietro una maschera
di durezza o dietro un sorriso ironico.
Ciò mi ha fatto male, per molto tempo:
per molto tempo i miei rapporti
con gli altri
furono un qualcosa
di enormemente complicato.»

Ricorre oggi il 79° anniversario della morte di Antonio Gramsci, un uomo che è stato qualcosa di più che un grande politico, personaggi come lui sono impensabili nella politica attuale dominata dall’arrivismo e dall’importanza della apparire, senza poi considerare l’Ignoranza della stragrande maggioranza dei nostri politici…. Il contributo che segue è stato tratto da:

- www.Gramsci.com

- www.libritalia.it

Parlare della vita di Antonio Gramsci significa parlare della vita politica europea degli inizi del ‘900.

Antonio Gramsci nasce il 22 gennaio del 1891 ad Ales, in provincia di Cagliari, da Francesco Gramsci e Giuseppina Marcias. Tre anni dopo la sua famiglia si trasferisce a Sòrgono (Nuoro) dove il piccolo Antonio frequenta un asilo di suore. Una caduta gli provoca una malattia cronica deformante che causa l’incurvamento della spina dorsale, le cure mediche risultano inutili. Nel 1897 il padre viene incarcerato per irregolarità amministrative. Questi fatti lo segneranno per tutta la vita.

Nel 1902, conseguita la licenza elementare, deve affiancare il lavoro allo studio per aiutare la famiglia, in gravi difficoltà economiche. Nel 1908 si trasferisce a Cagliari per seguire il liceo. In questo periodo vive in casa del fratello Gennaro, segretario della sezione locale del Partito socialista. Questa è la stagione in cui a Cagliari cominciano i primi movimenti sociali, fatto che influisce profondamente sulla sua ideologia. Il giovane Gramsci legge moltissimo e si distingue per i suoi vivi interessi culturali, in particolare è affascinato da Croce e da Salvemini.

Nel 1911 si trasferisce a Torino, avendo vinto una borsa di studio per la Facoltà di Lettere e Filosofia. Il capoluogo piemontese in quel periodo è in pieno boom economico e industriale. La Fiat e la Lancia con i loro stabilimenti hanno chiamato dal Sud più di sessantamila immigrati in cerca di lavoro. Sono i tempi delle lotte di fabbrica e delle prime organizzazioni sindacali, i tempi in cui gli operai siedono ai tavoli con i rappresentanti dei padroni per trattare le loro condizioni. In questo fase della sua vita, studiando i processi produttivi nelle fabbriche, si impegna per far acquisire alla classe lavoratrice «la coscienza e l’orgoglio di produttori».

Negli anni successivi Gramsci si avvicina alla sezione socialista del capoluogo sabaudo e collabora attivamente con il «Grido del popolo», foglio comunista di Torino. Nel 1915 comincerà la sua collaborazione con l’«Avanti!» organo ufficiale del Partito socialista italiano. Questo è anche l’anno in cui l’Italia entra in guerra a fianco dell’intesa e Lenin invita i comunisti a trasformare «la guerra imperialista in guerra civile».

Nel 1917 scoppia la rivoluzione che, in ottobre, porterà al potere il Partito bolscevico in Russia. Intanto prosegue l’affermazione di Gramsci tra le fila del ramo piemontese del Partito socialista, tanto che diventa segretario della sezione esecutiva e comincia a dirigere il «Grido del popolo». Oltre a ciò si occupa per intero della stesura di «La città futura», una rivista a numero unico pensata per educare i giovani socialisti. Questa situazione continua fino al 1918 quando le pubblicazioni del foglio cessano e nasce la redazione piemontese dell’«Avanti!», a cui Gramsci prende subito parte.

Nel 1919 è tra i fondatori dell’«Ordine nuovo», settimanale che si schiera per l’adesione del Psi all’Internazionale comunista. Intanto in Italia comincia quello che poi verrà chiamato il “biennio rosso”. Gli operai danno sfogo al loro malcontento occupando le fabbriche in cui lavorano. In questo periodo di disordini, dalle pagine del giornale, Gramsci si batte per l’affermazione dei consigli di fabbrica, sostiene che questi debbano essere eletti da tutti i lavoratori, affinché gli operai assumano la funzione dirigente che spetta loro. Questa iniziativa viene plaudita anche da Piero Gobetti e dai suoi neo-liberalisti, non viene invece vista di buon occhio dai massimalisti del Psi.

Gramsci intanto si avvicina all’ala di sinistra del Partito socialista, guidata da Bordiga. Al 17° congresso nazionale del Psi, tenutosi il 25 Gennaio del 1921 a Livorno, il neonato Partito comunista d’Italia si scinde dal gruppo socialista. Gramsci viene quindi delegato alla direzione dell’«Ordine nuovo» che diventa il quotidiano di informazione del Pcd’I. La divisione interna alla sinistra è però grave, poiché avviene nel momento di maggiore pericolosità del movimento fascista. Nelle elezioni che seguiranno infatti i partiti di ispirazione socialista perdono voti, in favore del Movimento dei fasci, a cui si è rivolta la borghesia spaventata dalla politica violenta dei massimalisti.

Dal maggio del 1922 Gramsci comincia a viaggiare. Prima va a Mosca, dove la situazione si è stabilizzata dopo anni di guerra civile, come delegato del Partito comunista d’Italia nell’esecutivo dell’Internazionale. Qui potrà studiare da vicino la politica di Lenin e gli effetti della dittatura del proletariato. Oltre a questo in Russia si innamora di Giulia Schudt, che diventerà sua moglie e la madre dei suoi due figli. Intanto, in Italia, le squadre fasciste guidate da Benito Mussolini portano a termine la Marcia su Roma. L’anno successivo Gramsci sostiene le tesi dell’Internazionale contro quelle del segretario Bordiga, e, in novembre, viene invitato a Vienna per coordinare il lavoro del Pcd’I con quello degli altri partiti comunisti europei.

Il 1924 è un anno cruciale nella sua vita. In febbraio, secondo le sue indicazioni, viene fondato il quotidiano «l’Unità». Lui intanto entra nell’esecutivo del Pcd’I e diventa segretario generale. In aprile viene eletto deputato per la circoscrizione del Veneto e torna in Italia. Le stesse elezioni sono però vinte in larga misura dai fascisti. Giacomo Matteotti, che aveva denunciato evidenti casi di brogli e intimidazioni perpetrati dal movimento fascista ai danni dei votanti, viene ucciso. Ciò provoca una violenta reazione parlamentare, alla quale Gramsci prende attivamente parte. Le forze di opposizione al fascismo, guidate da Giovanni Amendola, abbandonano il parlamento. Il Pcd’I propone un’azione diretta e l’appello alle masse, ma la sua mozione viene bocciata. Il re però riconferma la fiducia a Mussolini e al fascismo, e la protesta fallisce.

Al terzo congresso del Partito comunista d’Italia, tenutosi a Lione nel Gennaio del 1926, Gramsci presenta le tesi politiche stese insieme a Togliatti. Queste vengono approvate con il novanta percento delle preferenze. Dopo alcuni mesi però i suoi rapporti con l’Internazionale comunista cominciano a deteriorarsi, a causa di una lettera che scrive al Partito bolscevico in cui sottolinea la sua preoccupazione per le divisioni interne. Pur dando torto all’opposizione si discosta anche dai metodi della maggioranza guidata da Stalin. Togliatti si rifiuta di inoltrare ufficialmente la carta, e da ciò scaturisce una polemica accesa.

È nel novembre dello stesso anno che, in seguito alle leggi speciali emendate dal parlamento fascista contro le opposizioni, Gramsci viene arrestato e condotto a Regina Cœli. Condannato a cinque anni di confino sull’isola di Ustica, vi passerà solo sei settimane. Ciò nonostante riesce a organizzare sull’isola siciliana una scuola per i rifugiati politici, in cui gli studenti vengono divisi secondo il loro livello di preparazione. Trasferito a San Vittore, comincia a preparare un ampio studio sugli intellettuali italiani. Come scrive nelle lettere indirizzate alla sua vecchia scuola di Ustica, si vuole concentrare soprattutto sul teatro pirandelliano.

Alla fine di maggio del 1928 viene condannato a vent’anni quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Nel luglio del 1929 viene trasferito nella colonia penale di Turi, nei pressi di Bari, per motivi di salute. Qui divide la cella con altri cinque detenuti politici.

Nel 1929 ottiene il permesso di scrivere in cella e inizia la stesura dei Quaderni dal carcere. Intanto comincia a sostenere posizioni lontane da quelle dell’Internazionale, inimicandosi i detenuti comunisti.

Il 1931 è l’anno in cui le condizioni di Gramsci cominciano a peggiorare in maniera precipitosa e inarrestabile. Inizialmente viene trasferito in una cella individuale dove si dedica allo studio e al mantenimento dei contatti con parenti e amici. Ad agosto sarà vittima di una grave emorragia.

Due anni dopo, per un ulteriore aggravarsi delle sue condizioni, viene trasferito nell’infermeria di Regina Cœli, e poi da qui in una clinica. Intanto falliscono i tentativi diplomatici fatti da Mosca per ottenere la sua liberazione. La vita in carcere è ulteriormente amareggiata dal deteriorarsi dei rapporti con il Pcd’I. Per questo motivo si trova totalmente isolato. Scrive in questo periodo: «Io sono stato abituato dalla vita isolata, che ho vissuto fino dalla fanciullezza, a nascondere i miei stati d'animo dietro una maschera di durezza o dietro un sorriso ironico».

Nel 1934 ottiene la libertà condizionata per motivi di salute. Quando però consegue la scarcerazione definitiva, nel 1937, le sue condizioni fisiche sono troppo compromesse.

Morirà in un letto d’ospedale il 27 aprile dello stesso anno. Le sue ceneri sono conservate al Cimitero degli Inglesi, a Roma.

Alla sua morte Gramsci ci lascia innumerevoli scritti, di argomento sia politico che culturale. Questi vengono considerati con grande attenzione dagli intellettuali italiani appartenenti ad ogni corrente. I brani considerati più importanti sono quelli prodotti durante la prigionia. L’opera Quaderni dal carcere è una raccolta delle pagine scritte dal 1929 al 1935, pubblicate postume con i titoli: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce; Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura; Il Risorgimento; Note su Machiavelli, la politica e lo Stato moderno; Letteratura e vita nazionale. Accanto a questi troviamo un’altra raccolta, quella delle Lettere dal Carcere. Anche il fitto epistolario viene pubblicato postumo. Nelle sue lettere ad amici e parenti possiamo comprendere la parte più privata del pensiero gramsciano, la sua lotta contro l’abbandono del carcere e il suo desiderio di stare vicino alla famiglia. Oltre a queste due raccolte troviamo una miriade di altri suoi scritti, alcune lettere, diversi articoli di giornale e un’intera rivista chiamata «La città futura», che sono stati minuziosamente raccolti e ripubblicati in volumi dopo la caduta del fascismo.

il disastro di chernobyl


Il disastro di Chernobyl avvenne il 26 Aprile 1986 con l'esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora parte dell'Unione Sovietica), vicino al confine con la Bielorussia. In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero l'Europa orientale e la Scandinavia oltre alla parte occidentale dell'URSS. Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Le repubbliche, adesso separate, di Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione ed è alta l'incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti della zona colpita.
La centrale di Chernobyl (51°23′14″N, 30°06′41″E) è situata vicino all'insediamento di Pripyat, in Ucraina, 18 km a nord-ovest della città di Chernobyl e 110 km a nord della capitale Kiev, e dista 16 km dal confine con la Bielorussia. L'impianto era composto da quattro reattori, ognuno in grado di produrre 1 GW di energia elettrica (3.2 gigawatt di energia termica), i quattro reattori, insieme, producevano circa il 10% dell'elettricità ucraina. La costruzione dell'impianto iniziò negli anni '70, il reattore n° 1 fu commissionato nel 1977, e fu seguito dai reattori 2 (1978), 3 (1981), e 4 (1983). Altri due reattori (i n° 5 e 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.
I reattori erano di tipo RBMK-1000, un reattore a canali, moderato a grafite e refrigerato ad acqua l caratteristica di questo reattore è quella di operare a coefficiente di vuoto positivo. Cioè, con l'aumentare della temperatura, la reazione nucleare, anziché moderarsi, aumenta. Tale caratteristica è vietata nei reattori occidentali per motivi di sicurezza. Infatti se manca il liquido refrigerante, il reattore deve essere in grado di spegnersi autonomamente, senza interventi umani o di mezzi meccanici.
Il fine del reattore era la produzione di elettricità per uso civile e di plutonio ad uso militare. Per aumentare l'efficienza del sistema erano state adottate alcune soluzioni tecniche che ne diminuivano la sicurezza. Innanzitutto la scelta della grafite come moderatore: questa sostanza viene utilizzata per moderare i neutroni e soprattutto per facilitare la produzione di Plutonio-239.
Il 25 Aprile 1996 era programmato lo spegnimento del reattore numero 4 per normali operazioni di manutenzione. Si approfittò della recente fermata per manutenzione del reattore per eseguire il test sulla capacità delle turbine di generare elettricità sufficiente per alimentare i sistemi di sicurezza (in particolare le pompe dell’acqua refrigerante) nel caso in cui non fossero alimentati dall’esterno. I reattori come quello di Chernobyl hanno due generatori diesel di emergenza, ma non sono attivabili istantaneamente. Quindi si voleva sfruttare il momento d’inerzia residuo nelle turbine ancora in rotazione, ma disconnesse dal reattore, per alimentare le pompe durante l’avvio dei generatori diesel. Il test era già stato condotto su un altro reattore (ma con tutti i sistemi di sicurezza attivi) ed aveva dato esito negativo (cioè l’energia elettrica prodotta dall’inerzia delle turbine era insufficiente ad alimentare le pompe), ma erano state apportate delle migliorie alle turbine, che richiedevano un nuovo test di verifica. La potenza del reattore numero 4 doveva essere ridotta dai normali 3200 MW termici a 1000 MW termici per condurre il test in sicurezza. Tuttavia l’inizio del test fu ritardato di 9 ore, e dopo gli operatori ridussero la potenza troppo rapidamente, raggiungendo una potenza di soli 30 MW termici. Come conseguenza, la concentrazione di Xeno-135 aumentò notevolmente (normalmente è consumata dal reattore stesso a potenze più elevate). Sebbene il calo di potenza fosse vicino al massimo ammesso dalle norme di sicurezza si decise di non eseguire lo spegnimento completo, ma di continuare l’esperimento. Inoltre si decise di accelerare l’esperimento portando la potenza a soli 200 MW termici. Per contrastare l’eccesso di Xeno-135 che assorbiva neutroni furono estratte quasi tutte le barre di controllo, ben oltre i limiti delle norme di sicurezza. Seguendo l’esperimento alle 01:05 del 26 aprile le pompe dell’acqua furono alimentate direttamente dalle turbine dei generatori, ma la quantità di acqua immessa in questo superò i limiti di sicurezza. Il flusso di acqua aumentò, e poiché l’acqua assorbe neutroni, alle 01:19 fu necessaria la rimozione delle barre di controllo manuali, portando così il reattore in una situazione molto instabile e pericolosa. La situazione instabile non era riportata in alcun modo sui pannelli di controllo, e nessuno degli operatori in sala controllo era conscio del pericolo.
Alle 01:23:04 inizia l’esperimento e viene tolta l’alimentazione esterna delle pompe, che quindi sono alimentate dall’inerzia delle turbine, che però diminuisce essendo state disconnesse le turbine dal rettore. Inoltre la disconnessione provoca l’aumento di vapore all’interno del nucleo del reattore. Il reattore RBMK ha un coefficiente di vuoto molto positivo e quindi la reazione cresce rapidamente al ridursi della capacità di assorbimento di neutroni da parte dell’acqua di raffreddamento, diventando sempre meno stabile e sempre più pericoloso.
Alle 01:23:40 gli operatori azionarono il tasto AZ-5 ("Rapid Emergency Defense 5") che esegue il cosiddetto “SCRAM”, cioè l’arresto di emergenza del reattore che inserisce tutte le barre di controllo incluse quelle manuali incautamente estratte in precedenza. Non è chiaro se l’azione fu eseguita come misura di emergenza, o semplicemente come normale procedura di spegnimento a conclusione dell’esperimento, infatti il reattore doveva essere spento comunque per la manutenzione programmata. Di solito l’operazione di “SCRAM” viene ordinata a seguito di un rapido ed inatteso aumento di potenza. D’altro canto, Anatoly Dyatlov, capo ingegnere dell’impianto di Charnobyl al tempo dell’incidente scrisse:
“Prima delle 01:23:40 il sistema di controllo centralizzato ... non registrò alcun cambio dei parametri da poter giustificare lo "SCRAM". La commissione ... raccogliendo ed analizzando una grande quantità di dati, come indicato nel rapporto, non ha determinato il motivo per cui fu ordinato lo "SCRAM". Non c’era necessità di cercare il motivo. Il reattore veniva semplicemente spento al termine dell’esperimento.”
A causa della lenta velocità del meccanismo di inserimento delle barre di controllo (che richiede 18-20 secondi per il completamento) e dell’estremità (estensori) in grafite che rimpiazza l’acqua di raffreddamento, lo SCRAM causò un rapido aumento della reazione. L’aumento di temperatura deformò i canali delle barre di controllo, al punto che le barre si bloccarono a circa un terzo del loro cammino, e quindi non furono più in grado di arrestare la reazione.
Alle 01:23:47 la potenza del reattore raggiunse i 30 GW termici, dieci volte la potenza normale. A questo punto le barre di combustibile iniziarono a fondere e la pressione aumento fino a causare l’esplosione che fece saltare in aria la copertura del reattore, distruggendo gli impianti di raffreddamento.
Per ridurre i costi l’impianto era stato costruito con un contenimento parziale, e questo ha consentito la dispersione dei contaminati radioattivi nell’atmosfera. Inoltre le elevate temperature hanno incendiato la grafite contribuendo ulteriormente all diffusione di materiale radioattivo nell’ambiente.
Ci sono alcune controversie sulla sequenza degli eventi dopo le ore 01:22:30 a causa di alcune incongruenze dei testimoni oculari e le registrazioni. La versione comunemente accettata è quella descritta sopra. Secondo questa ricostruzione la prima esplosione avvenne intorno alle 01:23:47, sette secondi dopo il comando di SCRAM. Talvolta è stato detto che l’esplosione avvenne prima o immediatamente dopo lo SCRAM (questa era la versione di lavoro della commissione sovietica di studio sull'incidente). Questa distinzione è importante, poiché, se il reattore esplose diversi secondi dopo lo SCRAM, il disastro è da attribuirsi al progetto delle barre di controllo, mentre se l’esplosione è al tempo dello SCRAM la responsabilità principale sarebbe degli operatori. A complicare la ricostruzione alle ore 01:23:39 fu registrato, nell’area di Chernobyl, un debole evento sismico di magnitudo 2,5. Inoltre il tasto di SCRAM fu premuto più di una volta, ma la persona che lo ha fatto materialmente è deceduta due settimane dopo l’incidente per esposizione acuta da radiazione.
Nel gennaio 1993 la AIEA ha rivisto l’analisi dell’incidente attribuendo la causa principale al progetto del reattore e non agli operatori. Nel 1986 la stessa AIEA aveva indicato negli operatori la causa principale dell’incidente.
200 persone furono ricoverate immediatamente, di cui 31 morirono (28 di queste per l'esposizione diretta alle radiazioni). Molti di loro erano pompieri e addetti che cercarono di mantenere l'incidente sotto controllo e che non erano stati informati di quanto pericolosa fosse l'esposizione diretta alle radiazioni. 135.000 abitanti furono evacuati dalla zona, inclusi tutti i 50.000 abitanti della vicina città di Pripyat.
La contaminazione provocata dall'incidente di Chernobyl non interessò solo le aree vicine alla centrale ma si diffuse irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche. Ricerche condotte da scienziati sovietici ed occidentali indicano che il 60% delle zone contaminate si trova in Bielorussia. Anche una vasta area a sud di Bryansk, in Russia e parti dell’Ucraina nord-occidentale furono contaminate
I lavoratori coinvolti nelle pulizie e nella sistemazione della centrale dopo l'incidente ricevettero alte dosi di radiazioni. Nella maggior parte dei casi queste persone non erano equipaggiate con dosimetri individuali per misurare la quantità di radiazioni ricevute, così gli esperti possono solo stimare le loro dosi. Anche nei casi in cui venivano utilizzati i dosimetri le procedure dosimetriche variavano. Secondo le stime sovietiche, nella pulizia dell'area evacuata furono impiegate tra le 300.000 e le 600.000 persone, molti dei quali però entrarono nella zona due anni dopo l'incidente, Il numero di addetti alla pulizia che lavorarono nella zona entro un anno dal disastro è stato stimato in 211.000, questi lavoratori ricevettero una dose media stimata di 165 millisievert (16.5 rem).

martedì, aprile 25, 2006

La vicenda di Gino Girolimoni




La storia di Gino Girolimoni è un caso particolare di cronaca romana, infatti è forse la prima volta in cui il nome di una persona fisica entra a far parte della lingua parlata assumendo un significato proprio.
Nonostante la storia risalga alla seconda metà degli anni ’20, sentiamo ancora parlare di qualcuno a cui piace “intrattenersi” con persone molto più giovani di età come un “girolimoni”.
Negli anni dal 1924 al 1928 a Roma si susseguirono una serie di stupri e di uccisioni ai danni di bambine che gettò nel terrore la popolazione.
L’immagine che il Regime voleva dare di un’Italia sicura e controllata stava vacillando, quindi partì la ricerca di un colpevole…ma tutto quello che si riuscì a trovare furono capri espiatori.
Due persone, tra cui un sacerdote, vennero accusate ed arrestate sulla base di descrizioni sommarie e prove non proprio schiaccianti. Tutte e due si tolsero la vita non riuscendo a sopportare l’infamia gettatagli addosso da stampa e polizia.
Ma il colpo di genio fu l’arresto di Gino Girolimoni.
Quest’uomo era il classico personaggio che si è fatto da solo. Figlio di un padre che non lo riconosce, Girolimoni si fa strada nel lavoro grazie ad uno spiccato spirito di iniziativa e a molta buona volontà, diventando uno scapolo d’oro che girava con una Peugeot verde e faceva gola alla maggior parte delle signore del borgo.
Insomma, era l’ideale per il Regime che aveva interessi nel demonizzare una figura del genere a vantaggio dei padri di famiglia.
Il padrone di una locanda aveva giurato di aver servito da bere a Girolimoni, che teneva per mano una bambina che rispondeva perfettamente alla descrizione di una bimba rapita la sera stessa.
Così diventò il mostro di Roma.
A nulla servì la testimonianza di un uomo, fisicamente somigliante al “sor Gino”, che dichiarava che era lui l’uomo che era entrato in quella locanda con sua figlia, peraltro in ottima salute.
Il caso di Girolimoni venne preso a cuore da un commissario, Giuseppe Dosi, che non era persuaso della sua colpevolezza. Indagò a fondo, raccolse prove e testimonianze, ed arrivò alla conclusione che il mostro dovesse essere una persona probabilmente straniera e più vecchia di molti anni.
Ma il Regime non stava a guardare, e Mussolini, a cui faceva comodo mettere il suo “colpevole” alla forca, fece internare Dosi in un manicomio.
Quando le prove sull’estraneità ai fatti di Girolimoni divennero schiaccianti, la polizia fu costretta a liberarlo. I giornali che avevano dedicato aperture a nove colonne sulla cattura del mostro, ora dedicavano un trafiletto in quarta pagina al suo rilascio.
Girolimoni non si toglierà più di dosso quell’etichetta. Per tutti il mostro era lui, così gli affari andarono sempre peggio e perse il lavoro.
Tentò anche di cambiare nome ma, non si capisce perché, la sua richiesta venne respinta…
Girolimoni morirà nel 1961, ed al suo funerale non c’era praticamente nessuno, a parte il commissario Dosi, che dopo la caduta del fascismo venne reintegrato nella polizia, promosso di grado e che continuò a portare a compimento brillanti operazioni per tutta la sua carriera.
Il mostro di Roma non venne mai catturato, ma pare proprio che fosse un sacerdote anglicano, un certo Ralph Lyonel Brydges, che era inglese, rispondeva a tutte le descrizioni, e che era stato accusato in altri stati di pedofilia…ma non si poteva macchiare l’onore della chiesa o mettersi in condizioni imbarazzanti con l’Inghilterra, quindi la croce è stata buttata addosso ad un uomo che, pur non avendo fatto nulla di male, non avrà mai pace, visto che ancora oggi il suo nome è sinonimo di orrore.

venerdì, aprile 21, 2006

Il cristianesimo senza Cristo.


Il XX secolo è stato il secolo dei totalitarismi, del comunismo e del fascismo, è stato il secolo dei blocchi contrapposti, è stato il secolo che ha formato l’attuale partizione delle idee politiche. In questa la religione cristiana ha trovato ormai piena legittimità, in tutto l’occidente ci sono partiti che si richiamano al cristianesimo. In Italia addirittura un partito cattolico, la Democrazia Cristiana, ha governato per tutto il quarantennio della prima Repubblica. Le posizioni dei cristiani sono note: antiabortismo, rifiuto del divorzio, limitazione della ricerca scientifica a favore dell’etica cristiana che ravvisa il miracolo della vita ove la scienza non scorge che cellule, attenzione per le politiche di previdenza sociale, confessionalità della Stato in virtù del “non possiamo non dirci cristiani” di Croce. In tutto questo trova davvero poco spazio il pensiero di Cristo, che pur se non lo si vuole considerare in senso religioso, è una delle figure storiche (l’esistenza storica di Cristo è praticamente da tutti gli studiosi accettata) maggiormente rivoluzionarie di ogni epoca. Pacifismo, fratellanza, egualitarismo, aiuto verso i disagiati, rifiuto del sessismo e della cultura patriarcale, maschilista, basata sul culto della forza furono i dettami del Cristo, sono le cose che si insegnano a catechismo. Eppure, imbarazzante costante per l’istituzione Chiesa, la politica dei partiti cristiani del mondo si è sempre orientata altrove. Il presidente americano Bush, che in quanto Repubblicano è rappresentante delle idee di conservazione dello spirito cristiano nello Stato, è, come è noto, un crudele guerrafondaio, al punto che attaccò una nazione imbelle seppure non avesse prova alcuna dei moventi coi quali giustificò l’attacco. Casini, Follini, Fini, Buttiglione, Mastella e vari, in Italia sono i baluardi dell’idea Cattolica, eppure le loro politiche sono anni luce lontane dal pacifismo, sono anzi sostenitori della guerra, sono sessisti e oscurantisti in campo scientifico. Nel 2002 il papa Giovanno Paolo II, nella sua storica visita al parlamento chiese l’amnistia, applaudito dal parlamento tutto, la sua proposta trovò l’ostilità proprio dei cristiani. I fascismi si sono quasi sempre appoggiati sulla religione come elemento di suggestione unificante del popolo. Senza passare attraverso le cruente atrocità della Chiesa nella storia, si può notare che già nel 1500 Machiavelli, dopo l’osservazione della realtà politica e storica, aveva giudicato la religione come un “instrumentum regni” ovvero uno strumento del potere. I Cristiani hanno cancellato dalla faccia della terra intere culture col pretesto della cristianizzazione. Sempre in Italia, un parlamento di cattolici divorziati discetta sulla basilarità del nucleo familiare e sulla sacralità della famiglia.
Odiernamente la politica dei cristiani consiste non nel seguire i pur noti insegnamenti filantropici del Cristo ma nell’essere diffusione di precetti sessuofobici secondo il principio noto ai manipolatori delle masse che se ti controllo nel talamo ti controllo nella vita sociale. Il sesso in realtà è temuto in quanto espressione della libertà individuale e manifestazione di insubordinazione alle autorità. I partiti cattolici avversano gli omosessuali secondo un principio pseudoscientifico, “non è naturale”, seppure della scienza non rispettano l’autonomia rispetto al misticismo. Un cristianesimo senza cristo insomma, una religione dedita all’economia, al potere, ai petroldollari, alla repressione dell’individuo. Religione che è semplicemente diventata censura sul sesso. Nessuno dei cristiani che conosco fa della filantropia, di quel generico buonismo che pure viene divulgato ancora negli oratori, stile di vita. Il pensiero rivoluzionario (in modo particolare se si pensa al contesto storico) di Cristo è subalterno alla “dottrina ufficiale” della chiesa che pure a quella figura si è ispirata.

giovedì, aprile 20, 2006

File sharing 2p2 ( Emule & co.)



Il 2P2 consiste nello scambio dei file tramite un computer creando una vera e propria rete di condivisione, dove ognuno mette a disposizione diversi file consentendo a chi ne faccia richiesta di scaricarli dal proprio pc. La prima e più famosa rete di scambio fu Napster, costretta a chiudere a seguito di un processo intentato dall'industria discografica nel 2001 attraverso la RIAA (la Recording Industry Association of America). Quest' ultima però non potè cantare vittoria in quanto l’ “eredità” di Napster venne raccolta da un numero notevole di altre reti, che capirono quale fu l’errore fatale che costò la chiusura al loro predecessore (non mi soffermo nello spiegare tali particolari tecnici). Queste ultime nate hanno addirittura importato migliorie, permettendo lo scambio, oltre che di file musicali, anche di filmati, programmi, giochi e chi più ne ha più ne metta.
Con il grandissimo successo dei sistemi di scambio p2p si è rapidamente diffusa tra le aziende produttrici di musica, cinema e multimedia la paura che il file sharing possa essere un pericoloso strumento per diffondere illegalmente materiale protetto da copyright.
Sebbene sia molto difficile riuscire a dimostrare come il file sharing possa danneggiare il mercato discografico (sino a che punto un file scaricato equivale ad un mancato acquisto del bene? senza dimenticare i prezzi esorbitanti di CD-DVD ed altro), quello che è certo è che negli ultimi anni questo mercato sia entrato in una crisi che potrebbe sembrare irreversibile, e di certo la possibilità di scaricare una canzone o un intero album senza alcuna spesa sembra essere un ottimo capro espiatorio. Sicuramente il 2P2 ha una sua buona fetta di responsabilità, ma è anche vero che prima del file sharing era abitudine copiare le musicassette e le videocassette prese in prestito, eppure non vi era questa profonda crisi delle etichette discografiche.
Per contrastare il fenomeno l’industria discografica a livello mondiale ha intrapreso le vie legali In Italia con l’entrata in vigore del Decreto Urbani si sono inaspriti i toni nella discussione sull’illegalità della condivisione di materiale protetto da copyright.
Il decreto, che si presentava come finalizzato a “Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo” faceva esplicito riferimento al file sharing, introducendo sanzioni penali a chi condivide in rete materiale protetto da copyright ed amministrative a chi pratica il semplice download dei files incriminati. I casi di denunce in Italia sono stati, ad oggi, poche decine, sembra che la strategia sia quella già vista in ambiti completamente diversi del “colpirne uno per educarne cento”. L’obiettivo che si pone, quindi, oltre a bloccare “con la forza” il fenomeno è anche quello di scoraggiare gli utenti e a dissuaderli dall’utilizzare reti di scambio di file per procurarsi materiale pirata (mediante pubblicità e slogan che sembrano ideate da un grupppo di terroristi...).
Come direbbe un noto politico della sinistra: "Siamo tutti Criminali"; il quattordicenne che ricorre al 2P2 perchè non ha 40 euro in tasca per comprarsi l'ultimo Cd di Eros Ramazzotti, al giorno d'oggi è penalmente perseguibile; il metalmeccanico in cassa integrazione che scarica con Emule Baglioni, perchè 40 euro preferisce spenderli per far mangiare la famiglia, è a tutti gli effetti un delinquente.
A me verrebbe voglia di interrogarci sulla leicità delle etichette discografiche, vi può sembrare giusto che qualcuno (mi riferisco ad autori di libri, cantanti, attori ecc.) dopo il completamento del proprio lavoro debba essere pagato con una percentuale irrisoria rispetto al profitto ottenuto?
La storia insegna che quando un numero sufficiente di persone pensa che sia giusto fare una cosa, quella cosa cessa di essere sbagliata nel loro contesto culturale; considero il Decreto Urbini una legge liberticida, lunga vita al file sharing!

Concludendo vi allego una lista dei più comuni programmi file sharing P2P in uso:
- LimeWire o Bearshare (attenzione a quest'ultimo perchè vi fa scaricare insieme al programma 2
spyware): ottimi per i file di piccole dimensioni (mp3)
- Emule per i file di grosse dimensioni ( film, album, programmi): è un pò un disel, parte lentamente ma nel giro di 20 minuti (per gli utenti fastweb) scarica un intero album e nel giro di due ore intere discografie!
- Dc++: velocissimo e ottimo per tutto, ma è consigliato solo a chi ha molti Gbyte di file scaricati, altrimenti non si accede a molti server. A quanto pare questo server è in chiusura.
- .torrrent: personalmente non lo conosco, sulla rete è considerato il futuro dei 2p2 sharing

lunedì, aprile 17, 2006

17 aprile 1944: il rastrellamento nazifascista del Quadraro. 17 aprile 2006: un brutto modo per commemorarlo.


Erano tanti, giovani e brilli. Un bicchiere di birra, un cane punk, musica alternativa e tanta voglia di essere alternativi. Si sono riuniti il giorno del rastrellamento del quadraro al Parco degli Acquedotti. Tutti in nome dell’antifascismo, dell’hashish e di quel buon vinello che solo alle feste “alternative” è così buono. Tutti insieme per ricordare l’orrore del nazifascismo, ballare, bere e strillare. Bella gioventù, o meglio la gioventù che dice “bella” come saluto. Li vedi allegri, con l’aria di chi non si lava che fa tanto alternativo e che lancia quel grido di libertà che oggi è bene gridare: no ai totalitarismi. Ci hanno pensato loro a gridarlo, con le magliette con su scritto CCCP, di quell’ URSS che deportò Aleksandr Isaevich Solzhenitsyn (premio nobel per la letteratura) per otto anni a causa di alcuni commenti negativi su Stalin in lettere private. Gridano libertà sentendo il gruppo filosovietico “Banda Bassotti”. Non vogliono che si ripeta l’orrore dei lager e poi chi se ne frega se un po’ dei loro simboli ne hanno costruiti. Erano tanti, giovani e brilli. Non volevano scordare questa importante storia del quartiere quadraro e oggi l’hanno celebrata nel peggiore dei modi. E Jan Palach arse per nulla.

La campagna pubblicitaria di un giovane arrivista

Una valanga di manifesti hanno travolto Roma. Un sedicente scrittore di nome Samuele Piccolo ha pubblicizzato l’uscita dei suoi scritti con una potenza impressionante, tanto da spingere più di una persona a chiedersi chi sia costui. Un ragazzo, classe 1981, che per oscuri motivi ha deciso di scrivere un libro sui nonni e uno sulla droga. Tutto molto bello se non fosse che la sua immane campagna pubblicitaria ha coperto anche i bandoni messi appositamente per i partiti delle politiche 2006, fatto molto grave in quanto essi sono un servizio pubblico. Chissà chi è, chi ce lo manda; sappiamo solo che dopo un diploma di perito commerciale “si è impegnato nel volontariato, sostenendo la società S. Vincenzo De Paoli, portando aiuto alle persone senza tetto e con gravi problemi sociali. Nominato Cavaliere dall’Ambasciata Somala presso la Santa Sede, per i meriti legati al suo impegno in ambito sociale a favore delle collettività più disagiate, Samuele Piccolo è Coordinatore Nazionale Settore Cooperativo nel Sindacato SIALE. In particolare, è impegnato nella ricerca di soluzioni per i problemi che riguardano i soci lavoratori delle società cooperative Samuele Piccolo è Presidente della Società Editrice Terzo Millennio Srl, che promuove la diffusione della cultura anche nelle fasce meno abbienti della popolazione, stampando e distribuendo riviste e periodici in centinaia di migliaia di copie sul territorio del Comune di Roma.Inoltre, è Vice Presidente dell’Associazione Riferimento Popolare (che ho scoperto essere in realtà un partito dai caratteri qualunquisti. Tutta questa pubblicità anche in vista delle prossime elezioni comunali? NdGS) che, contando migliaia di associati, persegue l’obiettivo di risollevare la situazione economica e finanziaria delle classi sociali più deboli. Il riconoscimento del ruolo sociale dell’anziano e il riconoscimento del disagio attuale di tale fascia della popolazione è l’obiettivo di una delle iniziative più recenti di Samuele Piccolo: la Festa dei Nonni, che ha lanciato , coordinato e realizzata per la prima volta il 23 maggio 2003, con il coinvolgimento di oltre 10.000 anziani. Presidente Onorario è Lino Banfi, in rappresentanza di tutti i nonni italiani.” Così leggiamo nel suo sito. Invadente, abusiva e pressante la sua gigantesca campagna pubblicitaria romana offre spunti per chi non creda che con un po’ di soldi ci si possa quantomeno dare un poco di visibilità… ne risentiremo parlare di questo borghese piccolo piccolo...

venerdì, aprile 14, 2006

Il cibo degli dei.


E’ arrivata la Pasqua, e con essa la grande quantità di cioccolato che in questo periodo invade le nostre case. Le industrie dolciarie ci propongono decine di soluzioni diverse per tutti i gusti.

Le origini del cioccolato, che si ottiene dalla Theobroma cacao, risalgono ad almeno 4000 anni fà. La pianta si pensa sia originaria del bacino dell'Amazzonia o dell'Orinoco in Sud America ed era considerata dagli Aztechi di origine divina, infatti "Theobroma" significa "cibo degli dei".
Gli Aztechi usavano i semi come moneta: 100 semi per comperare uno schiavo.
Cristoforo Colombo fu il primo che portò i semi in Europa intorno al 1502.
Ci sono vari tipi di cioccolato, a seconda dei nostri gusti o degli usi a cui è destinato:

Cioccolato fondente
È un cioccolato con un'alta percentuale di cacao (35-45%) e leggermente zuccherato. Oltre che per essere gustato in tavolette, è adatto per torte e dessert.

Cioccolato extrafondente
È un cioccolato di altissima qualità, particolarmente adatto per essere consumato in tavolette. Si distingue dal "cioccolato fondente" perchè contiene una percentuale di cacao che può arrivare a ben oltre il 70%.

Cioccolato al latte
Contiene latte e una percentuale di cacao non inferiore al 25%. Avendo un sapore dolce e meno accentuato di quello fondente, è consumato soprattutto in tavolette.

Cioccolato bianco
È un cioccolato prodotto solo con la parte più nobile del cacao, cioè il burro di cacao. Caratteristico il suo sapore dolce, intenso e cremoso.

Cioccolato al latte con nocciole
È uno dei cioccolati più apprezzati tra quelli consumati in tavolette. Il contenuto di cacao deve essere almeno del 25% e più alta è la percentuale, più saporito sarà il cioccolato.

Cioccolato al gianduia
Dall'aroma reso inconfondibile dall'intenso gusto di nocciole, questo cioccolato contiene circa il 25% di cacao. La sua particolare morbidezza lo rende adatto, oltre che per essere gustato in tavoletta, anche per farciture e decorazioni.

Oltre ad essere buono, il cioccolato ha molte proprietà. Per esempio, il cioccolato fondente con un'alta percentuale di cacao, è amico del cuore e dei vasi sanguigni; in piccole quantità aiuta a mantenere in buona salute le arterie con un effetto benefico sulle loro pareti interne. Inoltre sembra che aiuti a mantenere alta l’allegria e che sia addirittura afrodisiaco!
Una ricerca finlandese ha dimostrato quanto, contrariamente alle precedenti credenze, il cioccolato portasse benefici generali sulla gravidanza delle donne e sull’umore del nascituro.
Insomma pare proprio che, se preso senza esagerare, il cioccolato sia un buon alimento. Quindi non ci resta che scegliere la varietà che più ci piace…e buon appetito a tutti!

giovedì, aprile 13, 2006

Filosofia: Friedrich Nietzsche.


Friedrich Wilhelm Nietzsche
nacque nel 1844 a Röcken in Germania, figlio del pastore Karl Ludwig e di Franziska Oehler, anch'essa figlia di un pastore. Rimasto orfano del padre in tenera età, crebbe affidato alle cure della madre, donna di solide qualità morali ma di cultura limitata.
A Naumburg, dove la famiglia si era trasferita, ricevette i suoi primi insegnamenti di religione, latino e greco e imparò a suonare il pianoforte. Dopo avere abbandonato la celebre scuola teologica di Pforta, con disappunto della madre, la quale sperava di vedere il figlio diventare ecclesiastico, Nietzsche studiò filologia classica alle università di Bonn e Lipsia, diventando professore della disciplina all'università di Basilea a soli 24 anni; in quell'epoca si delinearono sempre più chiaramente le sue inclinazioni filosofiche. In questo periodo entrò in relazione con Richard Wagner, del quale divenne amico ed estimatore. Il loro rapporto in seguito degenerò progressivamente fino a rompersi nel 1878. Ma a quel tempo, Nietzsche era già malato da alcuni anni e soffriva di crisi nervose.
Nel 1876 abbandonò l'insegnamento per motivi di salute e iniziò la sua vita solitaria e errabonda, che lo condusse a soggiornare a lungo anche in Italia. Guastati i rapporti anche con la famiglia, egli vide peggiorare sempre più il suo stato di salute.
Nel 1889 a Torino cade in preda a un accesso di follia che non lo avrebbe abbandonato fino alla morte, avvenuta a Weimar nel 1900. Negli ultimi anni visse errando per l'Europa, spesso ospite di amici e protagonista di complicate vicende umane e sentimentali.
IL PENSIERO
Studioso della cultura greca, in particolar modo di Platone e di Aristotele, Nietzsche attinse ispirazione anche dalle opere di Arthur Schopenhauer e dalla musica di Richard Wagner.
Nietzsche non espose il suo pensiero in forma sistematica ma in frammenti, quasi in poesia; anche per questo le sue opere si sono prestate ad interpretazioni differenti esercitando un grande fascino. Lo stesso autore, consapevole dell'"inattualità" delle sue parole aveva detto: "Mi si comprenderà dopo la prossima guerra europea".
Egli cercò di ricostruire la genesi del pensiero e della civiltà moderna, individuando nell'antichità classica le radici di due fondamentali atteggiamenti culturali: quello, simboleggiato da Apollo, che si esprime nella ricerca dell'armonia, dell'equilibrio, della bellezza formale, della serenità dello spirito, della razionalità; e quello, che trova il suo simbolo in Dioniso ed è quello originario nell'uomo, che invece è espressione dell'istinto, della volontà, dell'irrazionalità, del desiderio di trasgredire a ogni ordine e a ogni legge.
Fino a questo momento della storia, sostenne Nietzsche, è stato seguito principalmente il principio apollineo, nel quale il filosofo tedesco scorge i segni di una decadenza dell'umanità, testimoniata dalle menzogne e dal dogmatismo delle scienze sul piano culturale e dal conformismo, dalla passività, dall'ipocrisia delle leggi e della politica sul piano sociale. Perciò, egli concludeva, è necessario tornare al dionisiaco, restituire all'uomo la libertà di gioire dei suoi istinti e delle sue passioni; di qui l'esigenza di abbandonare la "morale degli schiavi", l'etica della rinuncia, dell'obbedienza passiva alle leggi professata dal Cristianesimo per esaltare l'indomabile volontà di potenza dell'individuo.
L'espressione più elevata di questa liberazione è il superuomo, un essere totalmente libero, incarnazione della volontà di potenza, che sta "al di là del bene e del male", che non sottostà alle regole e che è libero dalla morale cristiana. Su un piano filosofico egli si caratterizza per la sua fedeltà alla terra: poiché Dio è morto, l'unica realtà è ora la vita terrena, non essendoci più Dio non esiste più un "mondo dietro il mondo" in cui trovare consolazione al pensiero della morte.
Tra le sue opere, le più significative sono:La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872) Considerazioni inattuali (1872-74) Così parlò Zarathustra (1883-85) Al di là del bene e del male (1886) Genealogia della Morale (1887) L'Anticristo (1988) La gaia scienza (1882) Ecce Homo (1889).
IL SUPERUOMO
Il superomismo è la dottrina di Nietzsche (1844-1900) per la quale il "superuomo" diventa protagonista della storia. Tutti i valori della civiltà occidentale - religione, scienza, morale - per Nietzsche sono mistificazioni volute dal gregge degli "schiavi", dalla massa per ostacolare il cammino degli uomini superiori; e sono il risultato dello spegnersi nel corso dei millenni dell'originaria "volontà di potenza", ossia dell'energia creatrice dell'uomo e dei suoi valori vitali. Incarnazione della volontà di potenza è il superuomo (Übermensch): "L'uomo deve essere superato. Il superuomo è il senso della terra. L'uomo è una corda tesa fra la bestia e il superuomo, una corda sull’abisso".
Nietzsche fu un critico spietato degli ideali e dei valori tradizionali dell'Europa dell'Ottocento. Nelle sue opere filosofiche si scagliò contro il Positivismo e la sua fiducia nel fatto scientifico e oggettivo, demolendo il concetto di progresso da lui definito come un'idea "moderna" e "falsa", e contro ogni tipo di spiritualismo proclamando la morte di Dio. In particolare egli criticò il cristianesimo che riteneva un "vizio". La morale cristiana è per Nietzsche la "morale degli schiavi" che deriva dal "dire di sì ad un altro": ad essa egli contrappose la "morale aristocratica" che ha inizio nel momento in cui "si dice di sì a se stessi".
In Così parlò Zarathustra (1883), una delle sue opere più importanti, il filosofo tedesco propone tre temi fondamentali: la morte di Dio, il superuomo e l'eterno ritorno. Soprattutto il concetto di superuomo è stato spesso male interpretato. Il superuomo nietzschiano, infatti, non è l'archetipo nazista ma piuttosto colui che, avendo preso coscienza del fatto che tutti i valori tradizionali sono crollati, è in grado di ritornare ad essere "fedele alla terra", liberandosi dalle cristallizzazioni della cultura. Il superuomo ha in sé una forza creatrice che gli permette di operare la traslazione dei valori e di sostituire ai vecchi doveri la propria volontà.
(Nietzsche usa il termine Uebermensch, , "oltre l'uomo" - Ndr)
LA MORTE DI DIO
Il superuorno nietzschiano vive la tragedia della sua solitudine con ben altra profondità e con ben più lancinante disperazione rispetto a tutti gli esteti decadenti. Alla base della concezione nietzschiana della vita c'è il tentativo di considerare l'esistenza nella sua sana ebbrezza primitiva e di restituirla alle sue sorgenti originarie dopo aver estirpato "il posto Dio". L'atto di liberazione dalla schiavitù della religione è un atto tragico che viene vissuto attraverso il delirio del pazzo, il quale accusa se stesso e gli altri di aver ucciso Dio. Il vuoto lasciato dalla "morte di Dio" potrà essere colmato solo dall'Uomo e da nessun'altra ideologia tirannica. Ma il travaglio della cultura che tenta di costruire un ateismo umanistico è tutt'altro che semplice da definirsi: Nietzsche vive, in questo come in altri brani (vi sono nelle sue opere diverse "morti di Dio"; questa è forse la più suggestiva), il dramma del pensiero che cerca in se stesso un assoluto criterio di giudizio e di libertà. La cultura contemporanea si sta ancora misurando con questo problema; ma il fatto che da parte di Nietzsche esso sia posto in maniera così drammatica e diremmo "teatrale" è indice dello spostarsi della filosofia verso il racconto o l'aforisma, verso la divulgazione letteraria. Indubbiamente si tratta di una bella pagina, di convincente presa emotiva: anche in questo si può ritrovare un aspetto tipico della sensibilità decadente.
L`"uomo pazzo" e il suo delirio
Non avete mai sentito parlare di quell'uomo pazzo che, in pieno mattino, accesa una lanterna, si recò al mercato e incominciò a gridare senza posa: "Cerco Dio! Cerco Dio!". Trovandosi sulla piazza molti uomini non credenti in Dio, egli suscitò in loro grande ilarità. Uno disse: "L'hai forse perduto?", e altri: "S'è smarrito come un fanciullo? Si è nascosto in qualche luogo? Ha forse paura di noi? Si è imbarcato? Ha emigrato?". Così gridavano, ridendo fra di loro... L'uomo pazzo corse in mezzo a loro e fulminandoli con lo sguardo gridò: "Che ne è di Dio? Io ve lo dirò. Noi l'abbiamo ucciso, io e voi! Noi siamo i suoi assassini! Ma come potemmo farlo? Come potemmo bere il mare? Chi ci diede la spugna per cancellare l'intero orizzonte? Che facemmo sciogliendo la terra dal suo sole? Dove va essa, ora? Dove andiamo noi, lontani da ogni sole? Non continuiamo a precipitare: e indietro e dai lati e in avanti? C'è ancora un alto e un basso? Non andiamo forse errando in un infinito nulla? Non ci culla forse lo spazio vuoto? Non fa sempre più freddo? Non è sempre notte, e sempre più notte? Non occorrono lanterne in pieno giorno? Non sentiamo nulla del rumore dei becchini che stanno seppellendo Dio? Non sentiamo l'odore della putrefazione di Dio? Eppure gli Dei stanno decomponendosi! Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso! Come troveremo pace, noi più assassini di ogni assassino? Ciò che vi era di più sacro e di più potente, il padrone del mondo, ha perso tutto il suo sangue sotto i nostri coltelli. Chi ci monderà di questo sangue? Con quale acqua potremo rendercene puri? Quale festa sacrificale, quale rito purificatore dovremo istituire? La grandezza di questa cosa non è forse troppo grande per noi? Non dovremmo divenire Dei noi stessi per esserne all'altezza? Mai ci fu fatto più grande, e chiunque nascerà dopo di noi apparterrà per ciò stesso a una storia più alta di ogni altra trascorsa". A questo punto l'uomo pazzo tacque e fissò nuovamente i suoi ascoltatori; anch'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Quindi gettò a terra la sua lanterna che andò in pezzi spegnendosi. "Vengo troppo presto", disse, "non è ancora il mio tempo. Questo evento mostruoso è tuttora in corso e non è ancor giunto alle orecchie degli uomini. Per esser visti e riconosciuti lampo e tuono hanno bisogno di tempo, la luce delle stelle ha bisogno di tempo, i fatti hanno bisogno di tempo anche dopo esser stati compiuti. Questo fatto è per loro ancor più lontano della più lontana delle stelle e tuttavia sono loro stessi ad averlo compiuto!". Si racconta anche che l'uomo pazzo, in quel medesimo giorno, entrò in molte chiese per recitarvi il suo Requiem aeternam Deo. Condotto fuori e interrogato non fece che rispondere: "Che sono ormai più le chiese se non le tombe e i sepolcri di Dio?".
tratto da www.cronologia.it

mercoledì, aprile 12, 2006

Provenzano arrestato


PALERMO, 11 aprile 2006 - L'hanno preso in un casolare semidiroccato nella campagna di Corleone. Bernardo Provenzano, il superlatitante, l'uomo di cui neppure si conosceva il volto. Prima ha tentato di negare, poi ha ammesso: "Sono io".Il 'colpo' è stato messo a segno dalla polizia di Palermo, insieme al Servizio Centrale Operativo (Sco) e alla Direzione Centrale Anticrimine (Dac) . Quando è entrato il funzionario dello Sco nel casolare di Corleone, Bernardo Provenzano, vistosi in trappola, ha tentato prima di chiudere la porta a vetri, che ovviamente è stata subito sfondata con la forza. Appena si è trovato di fronte il poliziotto, il boss di Cosa nostra ha tentato di opporre resistenza ma dopo pochi minuti ha alzato le braccia in segno di resa e si è fatto ammanettare. Non era armato e ha subito ammesso la propria identità. Nell'operazione sono state identificate varie persone, tra cui un pastore sui 50 anni che forse viveva in un ovile vicino al casolare. A bordo di un elicottero, Provenzano - che assomiglia molto al fotofit realizzato un anno fa dalla polizia - è stato accompagnato prima all'aeroporto militare di Bocca di Falco di Palermo e da lì verrà portato in auto, scortatissimo, nei locali della squadra Mobile. Ad attenderlo, squadroni di telecamere e fotografi. Provenzano, come è noto, comunicava con i suoi uomini attraverso i 'pizzini', bigliettini scritti a macchina con cui impartiva gli ordini. Proprio attraverso il monitoraggio di questi bigliettini si è alla fine arrivati alla cattura. E anche al momento dell'arresto aveva con se alcuni 'pizzini'. Nel casolare è stata trovata anche la macchina per scrivere usata per i 'pizzini', oltre a un libro di medicina illustrata. Al di là dell'ammissione dell'interessato, la polizia ha proceduto immediatamente a fare il test veloce del Dna, che ha immancabilmente identificato il boss dei boss Bernardo Provenzano ''Provenzano non è stato tradito da nessuno, non ci siamo avvalsi di pentiti né di confidenti. Lo abbiamo preso grazie a indagini condotte in vecchio stile: attraverso pedinamenti e intercettazioni. a un certo punto abbiamo deciso di agire''. Lo afferma il Questore di Palermo, Giuseppe Caruso. Bernardo Provenzano è stato già condannato definitivamente più volte all'ergastolo. Nella lunghissima lista di provvedimenti giudiziari a carico del boss catturato oggi dopo 43 anni di latitanza, figurano infatti diversi ordine di esecuzione pena relativi a sentenze che gli hanno inflitto il carcere a vita. Questa cattura è un’ evento molto importante. Pone fine ad un’ incubo durato 43 anni. Ha decapitato la mafia del boss per eccellenza. Ma ha soprattutto una rilevanza simbolica. Provenzano ha preso in giro l’ordine costituito per quasi mezzo secolo. Con arroganza, invece di scappare all’estero, è rimasto in Italia sfidando tutte le forze dell’ordine,
La speranza è che questa cattura non venga usata per misere speculazioni politiche, ma a quanto pare il polo a già fatto capire che questa cattura è merito della sua gestione della sicurezza.
In questa storia non vi è nessun merito ma solo negligenze e omertà.
Lo stato ha mandato un messaggio, la mafia ancora esiste e deve essere sconfitta. Ma non solo con catture e retate, ma anche da politiche sociali ed economiche. Perché la verità è che la mafia nel mezzogiorno è uno dei pochi mezzi per non morire di fame, è un grande datore di lavoro. Lo stato ha il dovere di mettere questa gente nella condizione di poter fuggire dalla mafia, con riforme vere e non con la propaganda.

martedì, aprile 11, 2006

Elezioni: vince l'Unione in un Paese spaccato


Paese spaccato, risultati incerti, pareggio…questi sono solo alcuni fra i molteplici termini con cui sono state definite le elezioni, una cosa è certa: Berlusconi torna a casa! Dopo 5 anni di show, di figuracce internazionali e di leggi ad hoc il Cavaliere sarà costretto a lasciare palazzo Chigi, mentre l’Unione canta vittoria (anche se forse è una mezza vittoria di Pirro). Vediamo i risultati definitivi:

SENATO
Seggi Unione: 158
Seggi Casa delle libertà: 156
Altri: 1

CAMERA:
Seggi Unione: 348
Seggi Casa delle libertà: 281
Altri: 1

Analizzando il voto ho tratto delle conclusioni:
- fondamentalmente l’ Italia è rimasta sulle stesse posizioni del 2001 se si considera che Rifondazione non era alleata con l’Ulivo; quindi non vi è stato nessun voto di protesta come la sinistra si augurava.
- rispetto al passato i giovani (18-25 aa.) si sono spostati a sinistra
- gli exit-poll sono matematicamente inutili, mi auguro che non saranno più riproposti a partire dalle prossime elezioni amministrative

Per concludere mi permetto di fare un po’ di previsioni:
A breve Berlusconi griderà allo scandalo, si susseguiranno una serie di discorsi che solo lui è in grado di fare: uno misto fra arroganza e vittimismo, il tutto contornato da minacce ed ingiurie nei confronti dell’Unione e forse anche nei confronti di chi l’ha votata “Noi poveri ciglioni”
Tempi felici non si prevedono neanche per l’ Unione, dopo la sbornia della vittoria, Prodi si troverà a capo di una coalizione fortemente eterogenea, sebbene è stato presentato un programma comune sono convinto che nel corso del nuovo governo le polemiche interne di certo non mancheranno; probabilmente solo un miracolo potrà far durare il governo 5 anni.

Gaffe della Giornata:
Dopo gli exit pool D’Alema afferma “ Si prefigura una batosta storica della destra”
Bossi, dopo la rimonta della destra afferma ''Mi sembra che siamo davanti a un sostanziale pareggio, ma un vecchio proverbio al mio paese dice 'ride bene chi ride ultimo.

Modellisti...


Vorrei condividere con voi la mia grande passione, il modellismo.
Il modellismo è un hobby rilassante, divertente, economico, soddisfacente, con diversi livelli di difficoltà che soddisfano sia i principianti che i più esperti.
Visto che sono molti anni che pratico questo "sport" (mi piace pensarlo così!), per me è diventato un po' dispendioso, infatti non mi limito a creare modelli basici, ma li perfeziono con set aggiuntivi, dettagli autocostruiti da me, ed un po' di malizia da modellista...con 10-15 Euro però si possono comperare scatole di montaggio anche nel negozio di giocattoli dietro casa.
I soggetti da trattare inoltre sono infiniti. Io sono specializzato in aerei, specialmente dell'Aeronautica Militare Italiana e delle linee aeree nazionali, ma si trovano facilmente in commercio kit di elicotteri, automobili, moto, carri armati, camion, dirigibili, mezzi spaziali, personaggi dei cartoni, mezzi usati nei film (Star Wars, Star Treck,Ritorno al futuro, ecc), e chi più ne ha più ne metta!
Una delle mie "opere" è stata pubblicata da un importante sito americano di carattere modellistico-aeronautico, da cui allego queste immagini. Spero vi piacciano.
Consiglio a tutti questo hobby, magari per provare, e vedrete che sarà difficile rimanerne delusi...l'unico limite è la nostra fantasia!
Se voleste vedere l'articolo completo relativo al mio modello, ma soprattutto tanti altri fantastici modelli, potete visitare www.aircraftresourcecenter.com .

Avete votato bene? Scopritelo...

Vista l’incertezza della vittoria di chicchessia delle politiche 2006, vi vogliamo almeno aiutare ad avere la certezza di aver votato bene. Vi segnaliamo un sito che dopo venticinque domande vi dice per chi dovreste votare e qualora non conosceste bene i temi delle domande vi fornisce una documentazione in merito. Il sito e www.voisietequi.it , lo abbiamo provato ed ha sorprendentemente funzionato due volte su due, cioè ha scoperto il partito votato. Fantastico. Provatelo e fateci sapere!

lunedì, aprile 10, 2006

Exit poll. Ore 15

I RISULTATI PROPOSTI DALL’EXIT POLL NEXUS ALLE 15: CAMERA DEI DEPUTATI:

Forza Italia:20-23%; Alleanza Nazionale:10.5-12.5%, Lega nord:3-5%; UDC:5-7%; Nuova DC-Nuovo PSI:0-2%; Alternativa Sociale:0-1.5%; Altri:0.5-2.5%
Totale Casa delle Libertà:45-49%

Ulivo:30.5-33.5%; Rifondazione Comunista:5-7%; Comunisti Italiani:1.5-3%; Verdi: 2-3%; Rosa nel pugno:2.5-4%; Italia dei Valori:2-3.5%; UDEUR:1-2.5%; Altri:1.5-3%
Totale Unione:50-54%

SENATO: Forza Italia:19.5-22.5%;Alleanza Nazionale:11-13%,Lega nord:3-5%;UDC:5-7%;Nuova DC-Nuovo PSI:0-1.5%;Alternativa Sociale:0-1.5%;Altri:1-2.5%
Totale Casa delle Libertà:45-49%

DS:17-20%;Margherita:10.5-13%;Rifondazione Comunista:5.5-7.5%;Insieme per l'Unione:4.5-6%;Rosa nel pugno:2.5-4%;Italia dei Valori:2.5-4%;UDEUR:1-2.5%,Altri:1.5-3.5%
Totale Unione:50-54%

venerdì, aprile 07, 2006

Chiusura della campagna elettorale


Siamo finalmente giunti al capolinea della campagna elettorale: Lunedì ci sarà il verdetto! Dico finalmente perché questa campagna elettorale è stata una delle più tese degli ultimi anni: segnata da polemiche, insulti, scontri in piazza, minacce e politici sempre più arroganti (a buon intenditor poche parole…). In passato la campagna elettorale era quasi una festa: bandiere, raduni, entusiasmi e paure… ora grazie ai nuovi protagonisti della politica Italiana si assiste quotidianamente ad un clima a dir poco incandescente contornato da mille veleni.

Gli osservatori parlano di una «distorsione apocalittica della lotta politica» (Pierluigi Battista), di una competizione elettorale «vissuta come una guerra civile simulata» (Paolo Franchi), di toni «da ultima spiaggia» (Angelo Panebianco). È vero, si è arrivati a tutto questo.


I due schieramenti hanno utilizzato strategie diverse per convincere gli elettori, strategie che per motivi di forza maggiore sono venute a convergere in più di un’occasione. Inoltre la crisi della politica tradizionale ha messo in sordina i partiti dando massimo rilievo ai leader, a forme di personalizzazione nelle quali il personaggio (e non l’ideologia) assume un rilievo fondamentale.

Personalmente ho notato un atteggiamento aggressivo della destra, il Cavaliere in prima persona ha puntato a denigrare tutti i suoi avversari rivolgendogli offese ed accuse a dir poco infantili (siamo seri…come si può dare del comunista ad un reazionario come Prodi!) che comunque hanno un certo ascendente su una determinata tipologia di elettore (non mi soffermo sulla descrizione di quest’ultimo soggetto, chi sà capisca…), posso tranquillamente definire la campagna elettorale del centro destra di stampo populistico.

L’ Ulivo invece, da buona coalizione d’opposizione, ha puntato il dito sugli errori della destra nel precedente governo (crisi economica in primis) , costruendo la propria campagna elettorale sul tentativo di convincere l'elettore medio che è meglio avere un Professore serio che un Cavaliere impulsivo; politologi esperti definiscono questa strategia di stile “reganiano”: uno stile in cui i toni sono abbastanza pacati e il futuro appare roseo, felice e pieno d’ottimismo.

Sicuramente i due faccia a faccia fra i leder hanno fatto crollare un mito, quello del Berlusconi grande oratore, non metto in dubbio che il Cavaliere sappia parlare in maniera discreta, ma proclamarlo degno erede di Cicerone mi sembra obbiettivamente irrealistico. Sotto gli occhi di tutti è stato evidente come Berlusconi eludeva continuamente domande dei giornalisti (e anche di Prodi), rispondendo a slogan ed insulti; dall’altro campo Prodi non ha brillato, sicuramente ha risposto in maniera seria ed esaustiva a tutti i quesiti, argomentando il tutto in maniera ottimale, purtroppo non è riuscito a tirare fuori la stoffa del politico, secondo me è stato “troppo buono”, in una società segnata dell’arrivismo e dall’importanza dell’apparire un eccessivo buonismo non paga.


Una cosa è sicura…la crisi economica Italiana è galoppante (e credo irreversibile) chi governerà i prossimi cinque anni avrà seri problemi…


Come avete notato il nostro blog ha voluto dare un contributo nella maniera più obbiettiva possibile, facendo vari post sui principali schieramenti candidati alle prossime elezioni, ci scusiamo con gli elettori se abbiamo tralasciato qualcosa; il nostro messaggio ed obiettivo è stato quello di far avvicinare il più possibile il lettore alla politica, per far comprendere che la politica non sempre è un incontro di boxe, una gara d’insulti e tantomeno la politica non è Prodi, Berlusconi, D’Alema e Fini, la politica siamo tutti Noi, che con il nostro impegno possiamo, non dico modificare, ma influenzare pesantemente la società.


Ah dimenticavo... la nostra campagna elettorale è così sentita che intervengono attivamente anche gli altri Stati: il 23/03/2006 un certo signor Camillo Ruini (cittadino della Città del Vaticano) ha invitato tutti gli elettori a votare per i valori…chiesa, famiglia, vita, matrimonio..


BUON VOTO A TUTTI!

La margherita


Una lista denominata La Margherita si era già presentata sulla scena politica italiana in occasione delle elezioni del 2001. Si trattava, all'epoca, di un'alleanza di partiti che avevano sostenuto la candidatura di Rutelli a presidente del Consiglio.

Attualmente rappresenta la fusione dei Rutelliani con i popolari.

Nella Carta dei valori della Margherita si legge:

"Democrazia e libertà" ...I DLM non nascondono l’ambizione di ideare e praticare un riformismo declinato al futuro, affidato al protagonismo di persone, famiglie, associazioni, imprese, cioè dei soggetti che abitano la società civile, al riparo da derive stataliste e dirigiste. ...In definitiva, una democrazia più ricca e un riformismo più moderno, perché affidati meno allo Stato e ai partiti e più agli attori sociali; o comunque affidati a partiti e istituzioni raccordati a una società civile fattasi adulta... Libertà chiama democrazia non solo nella sua accezione politica, ma anche in quella sociale. Essa prescrive concrete politiche mirate all'uguaglianza e all'estensione delle opportunità. Nel segno della solidarietà e, insieme, della responsabilità... La democrazia, infatti, non è un modello, un progetto definito di società, ma è il modo più umano fin qui prodotto dalla storia in cui il potere, necessario in tutte le società, può concorrere alla liberazione dell’uomo. Il contributo della politica alla liberazione è limitato, non esclusivo, né totalizzante; è altro e distinto da quello delle formazioni primarie come la famiglia e la comunità, dell’economia, della scienza, della religione ed in generale di ogni funzione o sfera sociale, ciascuna delle quali a sua volta può assumere assetti che più o meno concorrono (o non concorrono affatto) alla liberazione in una società avanzata. Concorrono alla liberazione il mercato concorrenziale invece del monopolio, la scienza fallibile invece della ideologia, il regime familiare di pari responsabilità e diritti invece delle gerarchie di sottomissione personale della donna, la religione come scelta di fede personale e libera anziché il fondamentalismo... Quello della =legalità= è un altro principio-valore cardine per “Democrazia è Libertà”... Tra i punti qualificanti dell'agenda politica di “Democrazia è Libertà” sta dunque un impegno fattivo e concorde per la giustizia, nel segno di una legalità forte, equilibrata, serena.

Laicità, fede religiosa e democrazia Una democrazia che si identifica con la libertà comporta la "riduzione della politica allo stato laicale". Le esperienze democratiche più avanzate si sono storicamente avvalse del contributo delle fedi religiose, quando si è creato un ambiente socio-culturale in cui è stato possibile effettivamente conciliare spirito religioso e spirito di libertà. Queste stesse esperienze mostrano come sia necessario annoverare, tra le fedi capaci di sostenere la dinamica democratica, tradizioni di pensiero laico e pragmatico che si sono sviluppate storicamente in rapporto con la tradizione culturale e spirituale giudeo-cristiana. Queste esperienze si oppongono sia alle degenerazioni ateo-assolutistiche che a quelle integristico-fondamentaliste. “Democrazia è Libertà” scommette sulla valorizzazione del rapporto fra credenti e non credenti nel solco del superamento degli "storici steccati". Tocca ai non credenti riconoscere che l'esperienza religiosa, lungi dall'essere un residuato storico destinato all'estinzione, può rappresentare un fermento che vivifica la vita democratica; tocca ai credenti riconoscere che le convinzioni religiose non possono essere imposte per legge a chi non le condivida e i valori che scaturiscono da una visione religiosa possono sì ispirare l'azione politica e legislativa, ma restano pur sempre distinti dall'ordinamento giuridico: la cornice delle norme deve rispettare il pluralismo delle convinzioni individuali.

Questo post è il frutto di un progetto di generica esposizone dei partiti delle politiche del 2006 esposto in http://gemsmiderland.blogspot.com/2006/03/guida-ai-partiti-delle-politiche-2006.htm