mercoledì, marzo 29, 2006

Una strage evitabile


Ecco un altro episodio di follia . Questa volta lo scenario dei delitti è Parma, dove Stefano Rossi, un giovane di 22 anni, ha ucciso una ragazza di 17 anni ed un tassista.
Le indagini devono ancora chiarire alcune cose, ma l’accaduto sembra comunque chiaro.
E’ un delitto passionale.
Stefano Rossi si è presentato alle 3.10 della notte tra martedì 28/03 e mercoledì 29/03 nella caserma dei Carabinieri di Fiorenzuola raccontando l’accaduto. Il giovane ha prima strangolato la diciassettenne Maria Virginia Fereoli, poi ha infierito su di lei per trenta volte con un coltello da cucina lasciandola morta in un parco. In seguito al delitto ha preso un taxi per andarsi a costituire ai Carabinieri, ma qualcosa è andato storto, infatti il giovane Rossi ha tirato fuori una Magnum 357 detenuta legalmente per fini sportivi ed ha sparato alla fronte del tassista Andrea Salvarani, di 51 anni, uccidendolo sul colpo. Dopo di che si è messo alla guida del taxi ed è andato dritto dai Carabinieri dove in principio ha raccontato l’accaduto per poi chiudersi in un ostinato mutismo.
In paese è noto che Rossi fosse un ragazzo difficile, anche se nessuno lo immaginava capace di tanto. Invece, a quanto pare, è bastata una passione non corrisposta per una ragazza a trasformarlo in un assassino a sangue freddo.
Come al solito nessuno tra i suoi conoscenti riesce a credere all’accaduto…
Mi viene da pensare che questa sia la solita storia del ragazzo difficile, una storia fatta di leggerezze e di gente che non riesce a percepire i segnali di pericolo che il ragazzo faticava a celare.
Un amico in una intervista dice che era un bravo ragazzo,e che “certo, quando si arrabbiava esagerava” , ma comunque un bravo ragazzo.
E questo non sarebbe un indizio? Chi ha dato l’autorizzazione a detenere una pistola ad una persona che, se preso dalla collera, diventava (per usare un eufemismo) difficilmente trattabile?
Forse è vero, è la solita storia, una storia che poteva essere evitata se le persone più vicine al ragazzo avessero trattato con serietà gli indizi che Rossi stava lasciando dietro di se.
Quando sento queste storie non credo mai che colpiscano come fulmini a ciel sereno, credo che qualcuno sapesse che quella pistola prima o poi avrebbe causato qualche brutto guaio.
Ma come sempre, come d’abitudine, continuiamo a dire tutti che era un evento imprevedibile, continuiamo a recitare la parte dei ciechi fino alla prossima strage che, si dirà, non si poteva prevedere…

martedì, marzo 28, 2006

Alleanza Nazionale


La storia: Nel 1995 a Fiuggi, c’è la cosiddetta "svolta governista" del Movimento Sociale Italiano, che, abbandonando la tradizione post-fascista ed allargando il partito a cattolici e conservatori, si spinge verso la destra conservatrice e liberale. Nel corso degli anni il leder indiscusso è Gianfranco Fini (tant’è che per queste ultime elezioni, A,N, ha deliberato che, nel simbolo da presentare alle elezioni, sia presente - a caratteri decisamente visibili - il nome di Fini); quest’ultimo dopo esser stato per anni il pupillo di Almirante (il quale credo, si stia girando nella tomba) ha abbandonato sempre più la propria origine di partito di destra post-fascista, condannando apertamente il fascismo e il nazismo, in un viaggio in Israele, definendoli - in riferimento alla tragedia dell'olocausto - come il "male assoluto del XX secolo", accantonando definitivamente il rischio di posizioni anti-ebraiche e aprendosi ad istanze prevalentemente moderate .Queste posizioni non vanno giù ad Alessandra Mussolini, nipote del leader fascista Benito, che decide di abbandonare il partito, fondando una nuova coalizione (Alternativa sociale) insieme ad altri movimenti neo-fascisti. Intanto si accentua lo scontro tra le correnti interne: - Destra Protagonista. Gli esponenti principali (chiamati dispregiativamente "berluscones") sono Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri; è la corrente più vicina al presidente del consiglio Berlusconi, condividendone l'impostazione liberale. E' la corrente di maggioranza del partito. - Destra Sociale. Capeggiata da Gianni Alemanno e Francesco Storace, è l'anima sociale del partito. Nel campo economico rivendica l'economia sociale di mercato. - Nuova Alleanza. Corrente fondata dal Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli e caratterizzata dal forte appoggio nei confronti di Gianfranco Fini. Nello statuto Allenaza Nazionale si definisce: un Movimento politico che ha il fine di garantire la dignità spirituale e le aspirazioni economiche e sociali del popolo italiano, nel rispetto delle sue tradizioni di civiltà e di unità nazionale, nella coerenza con i valori di libertà personale e di solidarietà generale, nella costante adesione ai principi democraticied alle regole delle istituzioni rappresentative.
Alleanza Nazionale si riconosce nella cultura occidentale ed europea, e sviluppa il suo impegno politico promuovendo la pacifica convivenza di popoli, Stati, etnie, razze e confessioni religiose.
Alleanza Nazionale crede nella partecipazione popolare quale condizione prioritaria per l' incontro fecondo tra competenze, interessi, culture e professionalità.
Da ciò traspare un fiero nazionalismo, nonché un legame indelebile a valori quali chiesa e famiglia…

Questo post è il frutto di un progetto di generica esposizone dei partiti delle politiche del 2006 esposto in http://gemsmiderland.blogspot.com/2006/03/guida-ai-partiti-delle-politiche-2006.html

venerdì, marzo 24, 2006

Quattrocchi. Medaglia meritata?

Roma, 20 marzo 2006
Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, su proposta del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, ha conferito una medaglia d'oro al valor civile alla memoria di Fabrizio Quattrocchi, sequestrato e ucciso in Iraq il 14 aprile del 2004.

Molti i commenti che sono seguiti alla notizia.
Su tutti quello di Graziella Quattrocchi, sorella del contractor ucciso in Iraq. "Sono commossa, ho i brividi - ha detto poco dopo l'annuncio battuto dalle agenzie -. Ringrazio il presidente Ciampi e tutti gli italiani che hanno fatto proprio il sentimento di Fabrizio espresso con quella sua ultima semplice frase che ha risvegliato l'onore e l'orgoglio di essere italiani". Prima di essere ucciso, Fabrizio Quattrocchi si rivolse ai suoi sequestratori dicendo loro: "Adesso vi faccio vedere come muore un italiano". "Questa - ha aggiunto Graziella Quattrocchi - è un' ulteriore testimonianza del presidente Ciampi che ci ha sempre dimostrato il sentimento di ammirazione per il comportamento di Fabrizio, per il suo coraggio, per la sua coerenza e per l' amore che ha dimostrato per il suo paese".
"Io non sono d'accordo su questa medaglia", dice la Sgrena a proposito del riconoscimento assegnato al contractor ucciso dai ribelli iracheni. "Sono stata una di quelle che ha manifestato in piazza per la liberazione dei quattro ostaggi, però penso che si debbano fare delle differenze: un conto è se uno va in Iraq per un'azione nobile, un conto se uno va come mercenario; perché chi va per guadagnare dei soldi facendo il servizio di sicurezza, chiamiamolo come vogliamo, è un mercenario".

Le medaglie servono ai vivi non ai morti, servono per unire un popolo attorno alla figura di un grande uomo. Ma chi è in questo caso il grande uomo?
Perchè Quattrocchi andato in Iraq, non per costruire ospedali, strade, non per portare pace e amore, ma per 10 mila euro al mese, deve ricevere una medaglia d'oro al valor civile?
I morti di Nassyria?
Perchè le vittime di Nassyria, morte rappresentando le nostre istituzioni, con il tricolore sulla mimetica, andata in guerra con la convinzione di portare aiuto alla povera gente, non hanno ricevuto nulla?
Basta una frase in punto di morte per divenire un'eroe?
Oppure è una vita dedita al prossimo in maniera disinteressata, a fare di un uomo un eroe?
E' una medaglia strana, una medaglia che sa troppo di speculazione politica e vedere Ciampi regalare questa medaglia mi fa capire che il nostro presidente non capisce il significato di questo riconoscimento.

giovedì, marzo 23, 2006

Finalmente cieli sicuri?


Quante volte ci è capitato di andare in una agenzia di viaggi, prenotare una bella vacanza e poi, una volta arrivati in aeroporto, scoprire che ci è stato prenotato un volo di qualche compagnia aerea di dubbia sicurezza?
Questa era l’abitudine delle agenzie, perché utilizzando voli charter di compagnie secondarie si riuscivano ad abbassare notevolmente i prezzi dei biglietti.
E così, invece di salire sul nostro moderno ed affidabile aereo Alitalia ci trovavamo davanti al turboelica di una compagnia regionale di qualche paese sottosviluppato a chiederci se salire o meno.
Dal 22 marzo 2006 questo non è più possibile.
Non è più possibile perché è stata stilata una lista nera che comprende 92 compagnie aeree interdette dagli spazi aerei europei, e 3 compagnie con limitazioni nei nostri cieli.
Dopo una estate calda come quella passata era il minimo che potesse accadere!
Ci ricordiamo vari incidenti, troppi tutti insieme, come il Boeing 737 della compagnia Flesh Air con 148 persone a bordo caduto a Sharm el Sheikh, che aveva appena lasciato un gruppo di italiani a Venezia, e che era stato interdetto dallo spazio aereo svizzero ma non da quello italiano.
Oppure il turboelica della Tuninter partito da Palermo e precipitato in mare dopo un’ora di volo, che poi si è scoperto essere senza carburante perché i tecnici, in Tunisia, avevano montato gli indicatori del carburante di un aereo più piccolo, quindi con serbatoi meno capienti, che segnalavano i serbatoi pieni mentre c’era meno della metà del carburante utile.
Dopo questi ed altri incidenti si è deciso di fare pulizia. Chi si atterrà agli standard di sicurezza potrà sorvolare l’Europa, gli altri no! Si potrà uscire dalla lista solo previo approfondito controllo degli enti incaricati, quando cioè il livello di sicurezza si sarà livellato con quello molto severo europeo. Inoltre l'ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) consiglia di non volare con le compagnie presenti nella lista, anche fuori dall'Europa.
Così le agenzie non ci metteranno più davanti ad aerei obsoleti ed inadeguati, e noi potremo essere veramente tranquilli ogni volta che saliamo in aereo!

La lista nera, per chi fosse interessato, si può trovare sul sito dell’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) www.enac-italia.it

domenica, marzo 19, 2006

Partito della Rifondazione Comunista



In questo post sarà decritto il partito che nel nostro parlamento siede più a sinistra:il Partito della Rifondazione Comunista; lo statuto lo descrive come “Una libera organizzazione politica della classe operaia, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle donne e degli uomini, dei giovani, degli intellettuali, dei cittadini tutti, che si uniscono per concorrere alla trasformazione della società capitalista al fine di realizzare la liberazione del lavoro delle donne e degli uomini attraverso la costituzione di una società comunista. Per realizzare questo fine il PRC si ispira alle ragioni fondative del socialismo ed al pensiero di Carlo Marx “
Negli ultimi anni questo partito ha fatto parlare molto di sé: formatosi durante la scissione del P.C.I., dopo anni passati all’ opposizione sale alla ribalta nel 1996 con il governo Prodi; come tutti sapete Bertinotti & Co. appoggiano inizialmente il governo Prodi, per farlo poi cascare due anni dopo, creando inoltre una scissione interna (con i Comunisti Italiani).

Passiamo quindi alla fase in cui i rifondaroli divengono i duri e puri della sinistra: sono contro tutti e tutti, partecipano attivamente al movimento No global, al Movimento dei Movimenti ecc. Tutto ciò fino alle ultime elezioni amministrative: Bertitnotti fa un passo indietro (o in avanti?) rispetto al passato, decide di appoggiare nuovamente l’Unione la quale stravince; da questo momento in poi, come per magia, Bertinotti non critica più Prodi, anzi ci va a cena insieme, ci si allea: notare la differenza rispetto al 1996, dieci anni fa Rifondazione appoggiava solamente Prodi (quindi aveva un programma diverso e non prendeva parte al governo) ora invece hanno lo stesso programma e se Prodi vincerà, rifondazione addirittura i suoi ministri!.

Quindi Rifondazione Comunista non si presenta a queste elezioni con un proprio programma: per aiutare l’elettore ad orientarsi, descriverò brevemente i suoi obbiettivi principali tratti dallo Statuto:

“I comunisti lottano perché‚ in Italia, in Europa, nel mondo avanzino e si affermino le istanze di libertà dei popoli, di giustizia sociale, di pace e di solidarietà internazionali; si impegnano per la salvaguardia della natura e dell'ambiente; perseguono il superamento del capitalismo come condizione per costruire una società democratica e socialista di donne e di uomini liberi ed uguali, nella piena valorizzazione della differenza di genere, dei percorsi politici di emancipazione e di libertà delle donne, nonché in difesa della piena espressione dell'identità e dell'orientamento sessuali; avversano attivamente l'antisemitismo e ogni forma di razzismo, di discriminazione, di sfruttamento”.
Nonostante siano più moderati rispetto al passato, “i rifondaroli”, ancora fanno scalpore, basti pensare che nelle proprie liste hanno candidato un noto Dj trans (Vladimir Luxuria) ed il capo dei No Global: Caruso.

Questo post è il frutto di un progetto di generica esposizone dei partiti delle politiche del 2006 esposto in http://gemsmiderland.blogspot.com/2006/03/guida-ai-partiti-delle-politiche-2006.html

sabato, marzo 18, 2006

Le risse di Campo de' fiori, esemplificazione della gioventù.


Campo de' fiori? no, campo di battaglia. Residenti e commercianti esasperati dopo l'ennesima rissa:"Qui regna il terrore"
Il titolo è preso dal Messaggero, l’articolo parlava delle risse che ormai sempre più spesso si scatenano a Campo de’ fiori, prendendo spunto dalla quella recente tra tifosi della Roma e del Middlesbrough. Sono due anni che sento questa storia ormai: prima c’era il “vaiolens” gioco che consisteva nel tirare una palla alta in mezzo alla piazza per poi far partire una rincorsa rugbistica al pallone, un calcio tu un calcio io, ecco che arriva lo spintone, ecco la rissa. Una volta grazie a questo passatempo partì una rissa con 4-500 persone a pestarsi e dovette intervenire la polizia con cariche, controcariche e lacrimogeni, come allo stadio. Poi il giochetto divenne famoso addirittura nel mondo e pare che ci vengano da Boston o Sidney, per dire, a Campo de’ fiori a vedere qualche rissa, qualche bottigliata perché si sa che quella è terra di nessuno. Fino ad arrivare ad oggi ove non è cambiato alcunché, anzi ormai la polizia è di casa a Campo de’ fiori e c’è chi già non ci fa più caso, i commercianti addirittura ringraziano domineddio se c’è una sola rissa, un ferito e quattro arresti, così riporta Panorama. A campo de’ fiori pare si possa trovare dal borgataro di Roma est al ragazzo bene in cerca di violenza da vedere. I giornali affermano che per la polizia è una zona di difficile gestibilità: i residenti che chiedono pace, i commercianti che hanno paura per gli incassi e per le forze dell’ordine è difficile trattare con turisti, gente comune che non si può pestare come alle manifestazioni. Un bel grattacapo, Campo de’ fiori. Ma del resto che ci possiamo aspettare da un popolo che ha nel palinsesto delle sue tv il grande fratello, la fattoria, musici farm, la talpa, amici se non un violento reality gladiatorio. Che ci possiamo aspettare da una gioventù tutta palestra e discoteca, una gioventù ammaliata dal rigurgito neofascista deglia anno ‘90 tanto da portarselo allo stadio, a scuola, all’università se non un meschino culto della violenza. Questi sono i figli della tv commerciale, in Italia nata negli anni ’80, che ha imposto trivialità e superficialità, sono i figli delle baby gang che imperversavano per le più grandi città d’Italia fino a poco tempo fa, fenomeno fortunatamente riassorbito, sono i figli della tv di Stato che si è fatta in maniera imbelle ma interessata imbarbarire e assorbire dalla logica aberrante della tv commerciale, tutta audience e pubblicità, mezzo d’informazione che ha perso la sua naturale funzione didattica. Sono quelli che truccavano il motorino, quelli che si comprarono il bomber. Oggi sono cresciuti e sono i ragazzi che vanno a campo de’ fiori o per fare a botte o per vedere fare a botte. Un problema l’ignoranza, la vacuità, il disinteresse, il cinismo. Una generazione x dove l’incognita sembra arrivare ad un risultato poco rassicurante. È tempo di tribune politiche, elezioni quindi di macro e microeconomia, irpef e sgravi fiscali, carovita e Stato sociale. Di loro non si parla, peccato.

giovedì, marzo 16, 2006

Considerazioni sugli scontri di Milano.


Violenza. Per andare contro chi crede nel manganello e nell’olio di ricino o nei regimi totalitari e nell’autoritarismo hanno preso bastoni, razzi, scudi. A volte prendono in mano le bandiere della pace per chiederla “senza se e senza ma”, come amano dire , a volte coltelli, bombe carta e catene. Sono convinti che un nuovo mondo è possibile, sono convinti che la pace in Iraq è una priorità e poi per impedire ai neofascisti di “Fiamma Tricolore” di manifestare hanno devastato tutto quello che hanno travato di fronte. Questi sono i ragazzi dei centri sociali, del movimento dei movimenti, i disobbedienti, i no global; fate voi. A Milano hanno dato vita a cruenti scontri con la polizia, hanno dato fuoco ad una decina di macchine di privati, hanno saccheggiato qualche negozio e come al solito attaccato il Mcdonald. Non ti può non venire in mente allora di quando si erano inventati (reinventati in realtà) l’esproprio proletario ai danni del supermercato Panorama a Roma. Rubarono telefoni cellulari, computer, elettrodomestici per contestare il carovita e la flessibilità. Non farina, acqua, pasta, beni di prima necessità ma cellulari e computer. Questa è rapina, non esproprio proletario! Così, il parallelo è immediato, è presto detto che a Milano non c’è stata contestazione ma devastazione. A Milano non è stato messo in ginocchio lo Stato “complice dei fascisti” ma qualche privato che dovrà ripagarsi la macchina (vedi il carovita!). Sempre così, loro i ragazzi dei centri sociali, i disobbedienti, si cercano un nobile fine per poi farci tutte le nefandezze di cui sono capaci. Saccheggiarono anche la Feltrinelli a Roma. Esproprio proletario si disse anche allora, “la cultura non ha prezzo” qualcuno urlò. Vero, ma perché non c’è soldo che la può pagare non perché si può trafugare! Fini nobili e loschi, slogan, semplificazione del messaggio politico, arroganza, prepotenza, diritto di inventarsi diritti: i ragazzi dei centri sociali, insomma. Così anche stavolta tutto il centrosinistra pagherà per loro, potrà essere criminalizzato.

martedì, marzo 14, 2006

Ma è politica o tifo da stadio?



Scontri in diretta, messaggi pepati, duri attacchi, battute al vetriolo…no, non siamo in quel periodo prima di un derby nel quale i tifosi si sfottono al bar e le dichiarazioni rimbalzano dal capitano di questa squadra al leader di quella. E’ difficile crederci, ma questo è il periodo pre-elettorale!
Come è possibile che non si riesca a distinguere uno scontro politico da uno sportivo (sia esso tra due squadre di calcio, di rugby o tra due pugili) se non dalla prestanza atletica dei contendenti?

L’intervista dell’Annunziata a Berlusconi ha evidenziato come i politici non vogliano sentirsi rivolgere domande pericolose, sconvenienti, impreviste, ma solo domande calcolate, mirate a far dire quello che già si era deciso di dire in precedenza, domande che tocchino punti fissati da qualche esperto comunicatore che segue il politico gridandogli “dall’angolo” cosa dire e cosa non dire, come un coach… parole pesate, calcolate attentamente, nulla è lasciato al caso.

In tutto questo turbinio di insulti, diffamazioni, scandali, accuse e difese, chi ha capito quali siano i programmi elettorali?
Tutti parlano di quello che si è fatto, non si sentono altro che monologhi su tutto quanto di buono abbia fatto la destra fino ad ora, o su quanto non abbia fatto, sulla sinistra che non ha combinato niente o sulla sinistra che ha svolto un ottimo lavoro, ma il futuro?
Chi ha sentito parlare del futuro ?

Finalmente, nell’attesissimo face to face tra leaders, Prodi ha parlato di alcune cose fondamentali, ad esempio l’intenzione di seguire le direttive dell’ONU per le controversie internazionali, mentre purtroppo Berlusconi ha continuato a fornire una montagna di numeri e a parlare di quello che non ha fatto o che ha sbagliato la sinistra senza fornire un quadro esauriente delle proprie intenzioni.

Forse dopo questa sera la nebbia si è leggermente diradata, ma resta lo stupore riguardo alla conduzione da ambo le parti di questa bislacca (per usare un termine caro al Premier) campagna elettorale che sta lasciando molti più dubbi che certezze su una questione fondamentale quale il futuro del nostro paese, sul quale ci piacerebbe decidere in maniera almeno consapevole.

sabato, marzo 11, 2006

Onorevoli condannati

Questo è l'elenco dei nomi dei rappresentanti italiani in Parlamento, nazionale o europeo, che hanno ricevuto una condanna:

Berruti Massimo Maria (deputato FI)
Biondi Alfredo (deputato FI)La sentenza di condanna a suo tempo resa dal tribunale di Genova nei confronti di Alfredo Biondi è stata revocata in data 28 settembre 2001 per intervenuta abrograzione del reato.
Bonsignore Vito (eurodeputato UDC)
Bossi Umberto (eurodeputato Lega Nord)
Cantoni Giampiero (senatore FI)
Carra Enzo (deputato Margherita)
Cirino Pomicino Paolo (eurodeputato Udeur)
Dell'Utri Marcello (senatore FI)
Del Pennino Antonio (senatore FI)
De Michelis Gianni (eurodeputato Socialisti Uniti per l'Europa)
De Rigo Walter (senatore FI)
Frigerio Gianstefano (deputato FI)
Galvagno Giorgio (deputato FI)
Jannuzzi Lino (senatore FI)
La Malfa Giorgio (deputato PRI)
Maroni Roberto (deputato Lega Nord)
Rollandin Augusto (senatore Union Valdotain-DS)
Sgarbi Vittorio (deputato FI, passato al centrosinistra)
Salini Rocco (gruppo misto) Nuovo
Sodano Calogero (senatore UDC)
Sterpa Egidio (deputato FI)
Tomassini Antonio (senatore FI)
Visco Vincenzo (deputato DS)
Vito Alfredo (deputato FI)

per saperne di più cliccare nel link sottostante
http://www.beppegrillo.it/documenti/onorevoli_wanted.pdf

venerdì, marzo 10, 2006

L'ora di corano a scuola...oppio dei popoli per tutti!



Il cardinale Martino ha recentemente detto ai microfoni del tg2
«Se in una scuola ci sono cento bambini di religione musulmana, non vedo perché non si possa insegnare loro la religione». «Questo - ha aggiunto - è il rispetto dell'essere umano>>
Affermazione che trova spazio esclusivamente se si danno a queste parole il senso di chi crede di fare pure il gioco suo. Sì perché così facendo si radicherebbe ancor più l’idea che un cittadino deve aver, in quanto tale, un credo. È evidente che da una società in cui vengano esaltate le diversità di confessione la chiesa cattolica ha solo da guadagnarci poiché la più grande sua preoccupazione è quella dell’allontanamento generale dal misticismo. Quale metodo migliore per far fronte a questi problemi che ingenerare la convinzione che “noi” siamo i cattolici e “loro” i musulmani? Quale metodo migliore per ridare importanza all’ora di religione che metterla in connessione con temi di grandi attualità, che porla come rivendicazione di identità? Il cardinale Martino quindi facendo la parte del tollerante non porta altro che acqua al suo mulino, che, ripeto, solo contrapponendosi con altre confessioni, in particolar modo con quella più discussa oggigiorno, può rifocillarsi. La proposta non può che apparire interessata dal momento in cui con l’eventuale attuazione d’essa non si avrebbero che sétte di studenti, che nel momento (cruciale) della loro vita ovvero la scolarizzazione si vedono scindere in gruppi confessionali con il conseguente isolamento culturale che questo creerebbe. Avremo allora comunità sempre più chiuse, sempre più non abituate ad avere percorsi esistenziali paralleli, sempre più abituate a percepire gli “altri” come diversi, estranei. L’ora di religione appartiene ad un mondo passato, non certo alla moderna concezione di laicità dello Stato. Essa è, come l’esperienza degli studenti insegna, l’ora meno importante, più vuota tra tutte quelle presenti nell’orario. La sua abolizione è auspicabile nonché utile, visto che si potrebbe spendere quell’ora in più formative attività. E se proprio non si può non soddisfare il presunto anelito dell’uomo all’infinito, allora sembra buona la proposta di Capezzone (La Rosa nel Pugno) di fare un' ora di storia delle religioni.

Su due punti secondo me la chiesa cattolica invidia l’islam: i regimi teocratici e il fanatismo. Il secondo si può creare con lo scontro di civiltà, il primo coi fanatici stessi. Un primo passo per tutto questo è la proposta del cardinale Martino.

giovedì, marzo 09, 2006

La religione del cargo.



Sono venuto a conoscenza da un documentario in tv che stavo vedendo ben poco prima di dormire di una religione bislacca ma affascinante: la religione del cargo (cargo cults). Questo tipo di religioni (ve ne sono più di una con simili caratteristiche) sono caratteristiche degli aborigeni delle zone della Nuova Guinea e limitrofe. Esse si basano sulla considerazione che gli aerei cargo siano mandati dagli antenati per portare beni destinati alle popolazioni melanesiane che gli uomini bianchi slealmente prendono per farli propri. Gli aborigeni, dunque, hanno il culto dell’aeroplano come veicolo divino, veicolo di comunicazione tra il paradiso e i vivi. Essi aspettano costantemente un aereo cargo che non sia carpito dai bianchi e per questo la loro religione è di tipo messianico. Nell’attesa dell’evento sperato dalla loro religione, provano
ad imitare i bianchi usando barattoli a mo’ di radio, falsi martelli pneumatici o vestendosi da soldati con tanto di scritta “U.S.A.” e per attirare l’aereo con le merci donategli dagli antenati costruiscono piste d’aeroporto con tanto di torri di controllo, luci e aerei. Le luci sono fuochi a bordo della pista, le piste sono di terra, le torri capanne sopraelevate, gli aerei sono imitazioni di cocco e bambù.
Vedere nel documentario gli aborigeni che accendono al tramonto i fuochi messi ai lati della pista è stata un’emozione.
Questa tipologia religiosa è stata scoperta dai soldati australiani nel 1946.
Credo che questa religione ci faccia riflettere sia sull’invadenza dell’uomo occidentale sia sulla genesi delle nostre note religioni.


martedì, marzo 07, 2006

Terribile è l'ira del mansueto.


Massimo Fini da L'Europeo del: 11/03/1988
II lettore conoscerà probabilmente la storia, cui i quotidiani hanno dato ampio risalto, di Piero De Negri, il tosacani della Magliana, da tutti chiamato con malcelato disprezzo «er canaro», che ha torturato nel più orrendo dei modi il giovane Giancarlo Ricci, un ex pugile che da tempo lo angariava. Incatenata la sua vittima, De Negri, con un tronchesino, gli ha amputato i pollici e gli indici e, cospargendole di benzina, ha dato fuoco alle ferite. Poi con le forbici ha ritagliato la faccia del Ricci, le orecchie, la punta del naso «in modo simmetrico come faccio per i cani, volevo che assomigliasse a un cane». Prima gli ha mozzato la lingua, il pene, le palle e, disserrando le mascelle della vittima con un pappagallo, glieli ha cacciati in gola. E mentre quello moriva soffocato, «er canaro» ha raccolto i mozziconi delle dita e li ha ficcati uno nell’ano, gli altri negli occhi del morto. Poi gli ha aperto a martellate la calotta cranica e vi ha versato dentro shampoo per cani. Per comprendere questo massacro si sono tirati in ballo la droga, la follia, i rituali mafiosi, la disgregazione morale e sociale di un quartiere come la Magliana. Può darsi che qualcuna di queste componenti abbia giocato un ruolo. Ma non è questo il nocciolo della questione. Il delitto del «canaro») è molto più vicino a noi, a ognuno di noi, di quanto non si pensi. È la rivolta di «cane di paglia», del debole e del mite che a un certo punto esplode incontrollabile contro i soprusi d’una vita. Piero De Negri, infatti, prima di essere carnefice era stato vittima. Quattro anni fa col Ricci compie una rapina. Si fa dieci mesi di carcere, perde, per questo, la moglie e la figlia, che ama, ma non fa il nome del complice. Quando esce va da Ricci per avere la sua parte di bottino, ma quello gli ride in faccia e lo riempie di botte. E continuerà a dargliele, con quell’arroganza impunita da gradasso, da ex pugile, da uomo grande e forte. con la quale del resto terrorizza l’intero quartiere. Di questa prestanza fisica Ricci fa continuo uso sul «canaro». piccolo, mingherlino, docile, rassegnato, irridendolo e umiliandolo in tutti i modi. Quando qualcuno ruba al «canaro» lo stereo, Ricci gli propone di farglielo riavere per 200 mila lire e, intascatele, non gli restituisce nulla, anzi, ghignando gli fa sapere che il ladro è proprio lui. È l’ultimo spregio che fa traboccare un vaso troppo colmo. Anche chi è disposto a riconoscere qualche giustificazione al De Negri non riesce a capacitarsi dell’orrendo rituale della tortura. E invece è proprio questo che occorre al «canaro». La morte non gli basta, anzi, in un certo senso, lo ostacola. Nell’antico poema indiano Mahabharata, Bhima, dopo aver tagliato il braccio del nemico e averlo con quello stesso braccio schiaffeggiato, dopo avergli sfondato il petto, troncata la testa e bevutone il sangue, ha un ruggito di furore deluso: «Che altro mi resta da fare? La morte ti difende!». Per contraccambiare il suo rivale delle umiliazioni che ha sofferto per anni, per fargliele assaporare fino in fondo, De Negri deve ritardarne il più possibile la morte. E infatti, per il «canaro», più importanti ancora delle mutilazioni fisiche che infligge al «pugile» sono quelle morali, sono le frasi che gli dice per irriderlo, per umiliarlo, per destituirlo come uomo così come l’altro aveva fatto con lui. Quando gli tronca le dita gli domanda: «Ma che gli hanno fatto ar pugile? Chi è stato? Chi ha osato?». E quando gli taglia i genitali, si china all’orecchio della sua vittima allo stremo e sussurra: «A Giancà, ma quale uomo, ora sei un femminiello!». L ‘uomo oramai è solo lui, finalmente, «er canaro». E in un certo, tremendo, senso ha ragione. Ho visto due foto di Piero De Negri. prima e dopo il delitto. Prima aveva un aspetto da orfanotrofio, da vittima designata, dopo, per usare un’espressione di Sartre a proposito d’un omicida, «il suo volto splendeva come un incendio». Attribuire a De Negri l’«infermità mentale», significa rendergli un’ingiustizia, restituirlo al suo ruolo di eterna vittima, di «canaro», togliere al suo atto il profondo senso che ha per lui. E infatti De Negri, interrogato dai giornalisti, a mente lucida e senza cocaina in corpo, ha detto: «Lo rifarei». Non voglio con ciò giustificare la mattanza della Magliana e togliere orrore a una vicenda che ne è colma. Dico solo che questa storia non è folle. È umana, molto umana e ha a che fare con quel pendolo fondamentale della nostra vita che è il sadomasochismo, il quale non si esercita solo nelle botteghe per cani ma anche, sia pur in forme meno truculente ed evidenti, più acculturate, negli uffici, nelle fabbriche e nella vita d’ogni giorno. E credo anche che la vicenda della Magliana contenga un suo insegnamento. Ci sono dei limiti oltre i quali anche l’arroganza, la prepotenza, la sopraffazione dei più forti nei confronti dei miti, dei deboli, degli eternamente sconfitti non può andare senza incendiare il «cane di paglia». E terribile, dice la Bibbia, è l’ira del mansueto.

L'UDC.


Le radici del partito
All'inizio del periodo definito seconda repubblica, la Democrazia Cristiana (DC) si trova in grave crisi. Lo scandalo di tangentopoli l'ha travolta e la strategia per le elezioni che consegneranno il Paese alle nuove forze capeggiate da Silvio Berlusconi creano una profonda crisi nella "Balena Bianca".
La spaccatura è tra le correnti più conservatrici e quelle più progressiste. Mentre le seconde restano all'interno della DC che muterà nome chiamandosi Partito Popolare Italiano (PPI), le prime si staccano e si presenteranno alle elezioni politiche del 1994 nello schieramento del Polo delle Libertà col nome di CCD (Centro Cristiano Democratico), fondato da Pier Ferdinando Casini.
Dopo aver corso alle elezioni politiche del 1994 come alternativa ai due poli ed aver ottenuto solo l'11%, il PPI si spacca in due correnti. La corrente minoritaria facente capo all'allora segretario del partito, il professor Rocco Buttiglione, fonda il CDU (Cristiani Democratici Uniti) e, nel 1996, si unisce al Polo per le Libertà di Silvio Berlusconi, come il CCD. Il PPI deciderà invece di unirsi alla sinistra per fondare l'Ulivo.
Alle elezioni politiche del 2001, il CCD e il CDU partecipano entrambi nell'ambito della coalizione della Casa delle Libertà e alla Camera, nella quota proporzionale, presentano liste comuni (dette anche del Biancofiore), avviando il processo di unificazione che si realizzerà l'anno successivo.
Alle stesse elezioni politiche, partecipa anche il movimento di Democrazia Europea, sostenuto da Sergio D'Antoni e dall'illustre contributo di Giulio Andreotti, esponente storico della DC. Democrazia Europea si presenta al di fuori dei due poli, ma nel 2002 collaborerà con CCD e CDU nella costituzione dell'UDC, aderendo alla coalizione di centrodestra.
La nascita: 6 dicembre 2002
All'atto della sua costituzione, l'UDC elegge Marco Follini come suo segretario, mentre Buttiglione ne è presidente. Il partito è parte integrante della coalizione di centrodestra che governa il Paese (vedi Governo Berlusconi II): Pier Ferdinando Casini è presidente della Camera dei deputati, Buttiglione ministro per le Politiche comunitarie e Carlo Giovanardi ministro per i Rapporti col Parlamento.
Nel 2004, D'Antoni decide di abbandonare l'UDC e la CdL per aderire al progetto politico di Uniti nell'Ulivo e schierandosi con la Margherita, che lo candiderà alle elezioni suppletive della Camera nel collegio di Ischia. D'Antoni ritiene "fallito" il progetto politico della CdL e "inefficace" l'azione di governo per il Mezzogiorno. La base e i parlamentari di Democrazia Europea, tuttavia, decideranno di rimanere per la maggior parte all'interno dell'UDC.
Elezioni europee 2004: debutto elettorale dell'UDC
Le elezioni europee del 12 e 13 giugno 2004 sono un appuntamento molto atteso dai centristi dell'UDC, che devono dimostrare la consistenza elettorale del soggetto politico: l'UDC raccoglie più consensi rispetto alle sommatorie del passato e supera la Lega Nord, diventando il terzo partito della coalizione alle spalle di Forza Italia e An: con 2 milioni di voti, raccoglie il 6%.
Follini vicepresidente del Consiglio
Nel seguito della legislatura, lo stesso Follini entrerà nella squadra di governo come vicepresidente del Consiglio per dare maggiore visibilità all'UDC e con l'intento di "raddrizzare" le politiche del governo, a suo avviso troppo condizionate dalla Lega. Follini, tuttavia, rimane in carica soltanto per pochi mesi: dal 2 dicembre 2004 fino al 15 aprile 2005, gli ultimi 134 giorni (dei 1422) del secondo governo Berlusconi.
Contemporaneamente alla nomina di Follini a vicepresidente, cresce la presenza dell'UDC nell'ambito della squadra di governo: Mario Baccini viene nominato ministro della Funzione pubblica.
Le elezioni regionali e la crisi di governo
Alle elezioni regionali del 3 e 4 aprile 2005, l'UDC conferma la sua forza ma la sconfitta della coalizione di centrodestra è palese: l'Unione si aggiudica 12 regioni su 14, e così scoppia la crisi di governo.
A porre i primi problemi è proprio l'UDC che, dopo un paio di settimane, chiede un rinnovamento dell'azione di governo ed annuncia il ritiro dei suoi ministri dall'esecutivo. Poco dopo anche AN farà la stessa cosa. Berlusconi è costretto a dimettersi e a costituire un nuovo governo (il Governo Berlusconi III), che ritrova l'unità della coalizione ed avvia una serie di politiche per il Mezzogiorno.
Follini non accetta più l'incarico di vicepresidente, preferendo dedicarsi alla guida del partito. Buttiglione viene promosso a ministro "col portafoglio", acquisendo la delega ai Beni Culturali; Giovanardi e Baccini restano al loro posto.
L'UDC, anima critica della coalizione
A luglio si svolge il congresso nazionale: il momento più atteso è la relazione del segretario nazionale Follini che si contraddistingue come anima critica della CdL, evidenziando i traguardi ma anche le inadempienze della coalizione di governo. Sulla stessa lunghezza d'onda Casini, che sostiene Follini e apprezza la sua azione a capo dell'UDC.
In questa fase, l'UDC è tra i sostenitori della formazione di un nuovo partito unitario dei moderati, già proposto da Berlusconi per aggregare tutte le forze moderate del centrodestra, progetto al quale guardano con favore anche Forza Italia e An. Il partito chiede un ritorno al sistema elettorale proporzionale, che la CdL - contando sulla sua maggioranza parlamentare - riesce a concretizzare nel mese di ottobre 2005, ma ciò costa le dimissioni del segretario Follini.

Questo post è il frutto di un progetto di generica esposizone dei partiti delle politiche del 2006 esposto in http://gemsmiderland.blogspot.com/2006/03/guida-ai-partiti-delle-politiche-2006.html

lunedì, marzo 06, 2006

SVAGO. Odi et amo: Pro Evolution Soccer 5

E’ il gioco di calcio più venduto, ma non convince tutti. Quando si propone una partita alla Play ad un gioco di calcio si sottintende lui, Pro Evolution Soccer. Mentre la precedente versione aveva sconfitto fifa05 di poco, PES 5 ha umiliato nelle vendite fifa06. Malgrado questo l’ultima nonché la più acclamata versione ha dato qualche perplessità agli amanti di questa collana di giochi. A molti il gioco è apparso lento, macchinoso, con una ricerca impossibile del realismo a scapito della giocabilità e del divertimento. Ci sono più voci che rimpiangono il 4. Vi riporto alcuni commenti su Pro Evolution Soccer 5 presi da un forum di videogame:

---W fifa! Pes merda!!!!--- Ero un amante del pro evo ma quando hanno fatto il 5 ... mi è caduto dal cuore.. si fanno solo gol a culo!! solo su casualità!! KE CAGATA DI GIOCO!!! Poi dite che è proprio simulazione di una partita reale... ma che caxxo dite??? avete visto che succede quando provate a fare uno scatto in avanti verso la porta avversaria???? il giocatore scatta dietro, và in obliquo o fà scattini su e giù.... avete mai visto in una partita reale sta cosa... io vedo Henry, Ibrahimovic, Sheva, Adriano e altri puntare decisi in avanti allungarsi il pallone e segnare.. qui invece se schiacci il pulsante per correre si interrompono.. fanno scattini del caxxo!! per nn parlare dei passaggi... la passano dove caxxo gli pare.. tu direzioni verso un giocatore ... loro la passano per prati –--io ho cominciato un campionato master con l'arsenal.. ma caxxo tutti i rimpalli a favore dell'avversario... e poi ogni due minuti sempre fallo!.. ogni contatto è fallo!!... e ke palle!!!ente dove stracaxxo gli pare!! rispetto al 4... un passo indietro...anzi due passi indietro.. CHE DELUSIONE!!! SCUSATE PER LO SFOGO!!! :/--- miiiiiii che fastidio!! + ci gioco + mi rendo conte che al 4 vinceva il + forte, al 5 vince chi ha + culo!!! CHE FASTIDIO!!!--- quando cerchi di scattare in avanti ogni volta fà dei movimenti innaturali!!!!

D’altro canto non mancano nemmeno le lodi anzi probabilmente sono la maggior parte, però le critiche sono tante. Gli si critica in particolar modo casualità, giocabilità, velocità e la permanente assenza come nelle altre edizioni dei nomi per tutte le squadre. Per giocare col Cagliari bisogna prendere le Teste di Moro… Inoltre le squadre sono davvero poche se confrontate con quelle di fifa. Insomma la tipica situazione della cosa che divide, o si odia o si ama.

sabato, marzo 04, 2006

Nemici di Maria De Filippi... e pure di Costanzo.


Da quando ho conosciuto persone che mi dicevano che Costantino è una persona intelligente e furba perché ha sfruttato i binari che la tv gli ha offerto ho capito che nel mondo c’è qualcosa che non va. Quel qualcosa è il duo terribile Maria De Filippi & Maurizio Costanzo. Tutto dico tutto il più marcio della tv appartiene ai loro programmi. Tronisti, espulsi dalla casa del grande fratello, medium, astrologi, ragazzi che fanno un’accademia d’arte del litigio, piagnucolanti lettere per improbabili destinatari, travestiti, nani e ballerine. Questo sono i loro programmi. Amici di Maria De Filippi tra i vari però è quello che reputo più pericoloso per via del suo target di pubblico, i ragazzi, gli adolescenti. Come sappiamo nell’accademia che dovrebbe scoprire nuovi talenti non si fa altro che litigare, parlare male dell’altro, piangere d’isteria, urlare, minacciare, intimidire. Un bell’inno all’arrivismo. Arrivare primo è tutto pure se sei una persona di merda. Ma da oggi questi pruriti nei confronti del marito di Maurizio Costanzo non li ho solo io. Il MOIGE (movimento italiano genitori) e il Codacons si sono incazzati di fronte agli orribili spettacoli dell’androgino Maria. Soprattutto “amici”. Soprattutto dopo che una signora facente parte del pubblico attivo del programma (una delle trovate mefistofeliche per accrescere veleni, volgarità, intrecci di odi, commenti feroci e gratuiti; l’audience insomma!) ha giudicato uno dei protagonisti della scuola mezzo maschio col naturale (chissà perché) risentimento di Platinette, che da gran signora che è ha dato all’altra nobildonna in causa della stronza. Per noi può bastare così. Ora passiamo la parola al Codacons e al Moige in un articolo (bello) apparso su “Repubblica” :"E' davvero spiacevole ciò che è avvenuto ieri - ha denunciato il Codacons - e infatti sono numerose le segnalazioni di protesta che ci stanno giungendo da parte di telespettatori e genitori, amareggiati per le volgarità espresse in diretta tv". Il Codacons ha anche sottolineato di essere "dispiaciuto" per il fatto che "Platinette, uno dei personaggi più intelligenti e di cultura del panorama televisivo italiano, sia inciampato in questo spiacevole incidente". Critiche contro il programma sono giunte anche dal Moige. "Vorrei ben capire - ha dichiarato la responsabile dell'Osservatorio Tv del Moige Elisabetta Scala - che cosa pretende di insegnare l'accademia, sempre che così si possa definire, su cui si basa la squallida trasmissione Amici". "Molti genitori - sottolinea Scala - protestano perché nel programma si insegna l'arte del sotterfugio, del successo a tutti i costi e l'amicizia è solo una parola vuota da cui il programma prende nome". "In realtà - continua la responsabile del Moige - l'unica cosa che si insegna è la competizione esasperata e il successo a tutti i costi".
In definitiva, denunciano le associazioni, il pericolo di questi programmi consisterebbe nel loro valore diseducativo, soprattutto per le generazioni più giovani e più esposte alle insidie della "cattiva maestra" televisione. "Il programma - sottolinea ancora il Moige - è chiaramente destinato a bambini e adolescenti ed è uno dei più diseducativi e dannosi. Questo perché, volendo passare per leale competizione, è in realtà un esempio di disvalori, scuola di sotterfugio, aggressività e volgarità". Come dire, in questa bistrattata televisione italiana, che se non si riesce a limitare la volgarità, almeno non ci si privi della possibilità di indignarsi.

venerdì, marzo 03, 2006

La rosa nel pugno


La Rosa nel Pugno è una formazione politica italiana nata nel 2005, sulla base di un progetto d'ispirazione radical-socialista siglato tra i Socialisti Democratici Italiani (SDI), Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni e la Federazione dei Giovani Socialisti.
Il progetto nasce come federazione fra i due partiti politici e le relative associazioni di campo e compirà il suo debutto ufficiale in occasione delle elezioni politiche del 2006, all'interno della coalizione di centrosinistra denominata L'Unione.
La Rosa nel Pugno si schiera sulle posizioni del socialismo liberale e, nel suo simbolo, porta scritto a chiare lettere i valori identificativi principali: Laici, Socialisti, Liberali, Radicali. Sostiene, dunque, i temi del socialismo democratico, del liberalismo, con una visione molto marcata della laicità dello Stato.
all'interno, nei commenti troverete il programma per intero.

siti: http://www.radicali.it/ http://www.sdionline.it/ http://www.lucacoscioni.it/ http://www.giovanisocialisti.it/

questo post è il frutto di un progetto di generica esposizone dei partiti delle politiche del 2006 esposto inhttp://gemsmiderland.blogspot.com/2006/03/guida-ai-partiti-delle-politiche-2006.html

Guida ai partiti delle politiche 2006. Progetto.


In vista delle prossime elezioni politiche Gem Smider Land intende dare un (piccolo) contributo agli elettori. Aiutandoli a scegliere per chi votare. Come? Di tanto in tanto pubblicheremo dei documenti, una sintesi delle idee, il programma di qualche partito, ora di destra ora di sinistra, di sopra o di sotto. Benché questa iniziativa miri ad essere fatta con una tendenza all’obbiettività, non crediamo certo di poterlo essere fino in fondo, tanto perché non crediamo all’obbiettività, per così dire, “dichiarata”, tanto perché questo blog non ha mai fatto mistero delle sue posizioni, seppure sfaccettate e multiformi. Per questo parliamo di tendenza all’obbiettività, un anelito utopistico quindi. Comunque ci sarà uno sforzo in tal senso. Si succederanno quindi post di presentazione dei partiti che concorreranno alle politiche. A presto.

mercoledì, marzo 01, 2006

MISTERI D'ITALIA. IL SEQUESTRO MORO E LA SEDUTA SPIRITICA DI ROMANO PRODI




La faccia paciosa, le guance flosce come quelle d’un cane annoiato e tenerone, il tono sommesso da prete spretato non fanno pensare ad un uomo losco. Eppure Romano Prodi è stato al centro di una delle storie più controverse della storia della Repubblica, la seduta spiritica, fatta da lui e alcuni amici durante la prigionia di Aldo Moro, sequestrato il 16 marzo 1978 e trovato morto il 9 maggio 1974, ucciso dalle Brigate Rosse. La vicenda in breve è questa: alcuni professori universitari di Bologna, politicamente prossimi alla Democrazia Cristiana, in una giornata di pioggia, organizzano una seduta spiritica dal tono ludico, come loro diranno, nella quale lo “spirito” invocato dà ai partecipanti all’idiozia metafisica un nome loro inintelligibile. GRADOLI. Nessuno di essi sa che cos’è, sa solo che il nome in questione è stato dato in risposta a domande relative a dove fosse prigioniero Moro. Preoccupati della rivelazione avvisano chi di dovere e partono le indagini. Per una strana coincidenza le BR tenevano Moro in un appartamento a Roma sito in Via Gradoli. Questa è la premessa. Come capirete la situazione è grave ma non seria, come diceva Ennio Flaiano. Ho raccolto per ricostruire questa vicenda alcuni documenti in rete.


La seduta spiritica su Aldo Moro



Una seduta spiritica svoltasi il 2 aprile nella casa emiliana del prof Alberto Clò, economista, sarebbe all’origine delle infruttuose ricerche compiute quattro giorni dopo dalle forze dell’ordine in località Gradoli in provincia di Viterbo.
Lì avrebbe dovuto trovarsi la prigione dell’onorevole Moro secondo l’indicazione “mediatica”riferita da Romano Prodi il 4 Aprile ad un collaboratore di Benigno Zaccagnini, il dott Umberto Cavina e da quest’ultimo girata telefonicamente Luigi Zanda Loi, addetto stampa in servizio presso il ministero dell’Interno, il quale a sua volta fissò le informazioni in un appunto manoscritto e lo consegnò al capo della polizia, dott Parlato.
L’omonimia tra il piccolo comune laziale e la via del comune di Roma nella quale il 18 Aprile fu individuato un appartamento abitato dai terroristi, ha dato luogo a molte recriminazioni. Innanzi tutto è stato rimproverato agli inquirenti il fatto che, stante l’esito negativo delle perlustrazioni eseguite nel viterbese, le operazioni non siano state estese agli edifici della suddetta via della capitale. Secondo Eleonora Moro e suo figlio Giovanni, addirittura, le autorità avrebbero sprezzantemente e perciò scientemente respinto un tempestivo consiglio in tal senso. Inoltre la peculiare natura della fonte ufficialmente indicata- una seduta spiritica improvvisata nel corso di una riunione domenicale tra amici- ha indotto quasi tutti coloro che credono agli spiriti a pensare che in realtà l’informazione provenisse da altri canali. Sicuramente il messaggio che”uno spirito di serie B”avrebbe inviato dall’oltretomba a coloro che lo interrogavano non era preciso (Aldo Moro era rinchiuso in Via Gradoli) : ma pertinente si, e la coincidenza è strana . A partire di qui vari osservatori hanno cominciato a sospettare che attraverso i veri suggeritori della parola”Gradoli” fosse possibile ricavare indizi precisi, tali da indirizzare piuttosto verso Roma che verso la provincia, inoltre Via Gradoli è una traversa di Via Cassia, la consolare che porta a Viterbo, quindi al comune di Gradoli. In questa logica si è ipotizzato che i tentativi nel comune di Gradoli abbiano rappresentato un depistaggio, magari finalizzato ad attirare l’attenzione dei brigatisti, ed offrire loro l’opportunità di abbandonare il covo ormai segnalato, che prima o poi sarebbe stato inevitabilmente perquisito.
La commissione Moro ha ascoltato i partecipanti adulti alla seduta spiritica, e ha acquisito una loro versione ufficiale dei fatti, esposta in forma di lettera collettivamente sottoscritta. In quest’ultimo documento si legge che al “ gioco del piattino” parteciparono” a puro titolo di curiosità e di passatempo” tutti coloro che erano presenti quel 2 aprile 1978 nella casa del Prof Clò, e che il tutto” si svolse in una atmosfera assolutamente ludica”Quanto alle indicazioni che emersero dal gioco accanto ad alcune del tutto prive di significato, ve ne furono altre di senso compiuto che si riferivano a località geografiche come Viterbo e Bolsena. Verso la fine del gioco emerse l’indicazione Gradoli che risultava tuttavia a tutti ignota sia come località geografica che come altro significato”.
I giocatori individuarono “la effettiva esistenza di tale località proprio nei pressi di Verbo” grazie ad un “successivo riscontro su una cartina geografica”. La coincidenza” non potè colpire i presenti”ricordarono i firmatari della lettera, e proseguirono: all’indomani fu quindi normale che della cosa si sia venuto a parlare con amici o conoscenti. Essendone stato informato, per il tramite del Prof Prodi, anche il dott Umberto Cavina, allora segretario dell’onorevole Zaccagnini, egli ritenne utile rivolgere l’indicazione Gradoli agli organi impegnati nelle indagini sul sequestro Moro.
Si noti pure che, quindi, nessuno dei partecipanti aveva responsabilità individuali maggiori di quelle degli altri, né per quanto attiene all’iniziativa, né per la conduzione del gioco del piattino, né per l’interpretazione delle risultanze, né soprattutto per la segnalazione agli inquirenti, la quale stando alla missiva sembra essere stata decisa da Cavina piuttosto che da Prodi.
Anche le successive dichiarazioni rese da ciascuno degli autori della lettera- di volta in volta alla commissione Moro, alla magistratura ed infine alla commissione stragi- confermarono complessivamente questa ricostruzione dei fatti, fornendo pure ulteriori e preziosi dettagli. In particolare nelle audizioni i protagonisti ebbero occasione di specificare che non c’era nessun medium professionista, né alcuno particolarmente esperto in materia di sedute spiritiche, e che “un po’ tutti”contribuirono alla lettura delle risposte date dal “piattino”
Importanti poi le precisazioni sui quesiti posti il 2 aprile:
le domande erano molto generiche , per farsi poi più specifiche su località geografiche
le domande erano poste in maniera diretta, -dov’è Moro?,in quale città si trova?è forse morto?è nell’acqua o nella terra?-
Quanto alle risposte venne riaffermato che il piattino rispose: Bolsena, Viterbo e Gradoli e che il resto non aveva senso , erano numeri, erano cose insensate.
Una versione coerente con quella relativa alla natura dei quesiti, dunque.
I partecipanti proseguono:
ad un certo punto il posacenere(sic) gira toccando delle parole(sic) disegnate sopra un foglio di carta . Dopo una serie di parole senza senso alla fine ci è parso di riuscire a mettere insieme lettere che avessero un senso compiuto, questo senso era appunto Gradoli.

Via Gradoli era un luogo noto al leader dell'Unione». La replica del Professore: «Insinuazioni, lo querelo»

Le presenta come «verità pazzesche» di quello che è uno dei misteri più fitti della storia d'Italia: il caso Moro. A evocare il fantasma degli anni di piombo è Paolo Guzzanti, senatore di FI e presidente della commissione Mitrokhin che svela retroscena inediti del sequestro dello statista democristiano rapito il 16 marzo 1978 e ucciso dalle Br dopo 55 giorni di prigionia. Guzzanti accusa in particolare Romano Prodi di aver taciuto, pur sapendolo, sul covo nel quale il presidente della Dc fu tenuto segregato. E subito scoppia la polemica.Tutto nasce dall'intervista che Guzzanti rilascia a «Nessuno Tv», piattaforma Sky, dove il senatore azzurro anticipa alcuni degli elementi della prossima relazione finale della commissione che guida. Racconta Guzzanti: «Aldo Moro fu catturato con una vera e propria operazione di commando, l'unica messa in atto dopo la seconda guerra mondiale. Tutta la scorta fu assassinata ed era presente anche un tiratore scelto straniero che non fu mai preso e del quale non si è mai parlato. Moro è stato poi tenuto nascosto in un luogo, peraltro noto a Romano Prodi». Il riferimento è all'appartamento di via Gradoli, il covo utilizzato dalle Brigate rosse morettiane come quartier generale per la preparazione della strage di via Fani e il rapimento del presidente della Dc.E' storia che il 2 aprile del '78 Prodi partecipò a una seduta spiritica in una casa di campagna di alcuni amici. Raccontò, quando fu chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro, che nel corso della seduta il «piattino» utilizzato avrebbe composto la parola Gradoli. La rivelazione fu comunicata agli inquirenti che andarono a cercare Moro nel paese di Gradoli, nel Viterbese. Ma non trovarano nulla.Alle telecamere di «Contro Adinolfi», trasmissione condotta dal giornalista di Europa Mario Adinolfi, Guzzanti ricorda l'audizione alla Mitrokhin dell'attuale leader dell'Unione: «Quando l'ho interrogato per chiedergli i motivi, in commissione, con me ha farfugliato sputacchiando. Ma poiché nessuno crede agli spiriti, alle sedute spiritiche o ai piattini che girano, sta di fatto che il professor Romano Prodi sapeva che Moro era prigioniero a via Gradoli. Disse Gradoli senza dire via: qualcuno volle capire Gradoli paese. Moro fu messo in un luogo dove gli fu organizzato una sorta di tapis roulant con documenti che entravano ed uscivano. Nel corso della prigionia scomparvero dalla cassaforte del ministro della Difesa, che mi pare fosse Ruffini, tutti i documenti militari top secret della Difesa Nord dell'Italia, che poi ricomparvero dopo la morte di Moro. Tornarono nella cassaforte del ministro della Difesa con le loro gambe. Il capo dei servizi segreti di allora, l'ammiraglio Martini, ebbe su questo punto un alterco violentissimo con il ministro della Difesa». Conclusione di Guzzanti: «Moro fu ucciso perché non poteva essere lasciato vivo e fu il veicolo di tramite di segreti militari. Il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro fu gestito dai servizi segreti dell'Est. Ci sono le carte. Tra due settimane andremo a Budapest perché abbiamo ricevuto documenti scritti dalla Repubblica d'Ungheria in cui è provato che moltissimi brigatisti rossi, tra cui Antonio Savasta, erano semplicemente agenti operativi della Stasi e del Kgb. Ci sono le carte, non le chiacchiere. Se uno va a vedere le direttive del Kgb, su ordine del Pcus, c'era l'indicazione di compiere nei paesi occidentali atti di terrorismo cieco, affinchè venissero scardinati i servizi di sicurezza interni di ogni singola nazione occidentale. C'era il terrorista Carlos, che era titolare di un'agenzia internazionale terroristica, e nelle carte dei paesi dell'est abbiamo trovato la certezza che è stato Carlos a far saltare il treno 904. Anche sulla strage di Bologna bisogna indagare ancora».
Parole che scatenano l'immediata reazione di Prodi che tramite il suo ufficio stampa parla di «gravissime insinuazioni» e annuncia querele contro il senatore azzurro. «Sulla questione legata al nome Gradoli, Prodi ha infatti già esaurientemente risposto in tutte le sedi giudiziarie e parlamentari in cui è stato convocato», è quanto afferma la nota dell'Ufficio stampa del leader dell'Unione. «Tornare sulla questione- prosegue il comunicato - è solo voler strumentalizzare a fini politici una vicenda dolorosa per il Paese, seminando ancora una volta dubbi, insinuazioni e bugie che già in passato sono stati verificati essere privi di qualsiasi fondamento».
01 dicembre 2005


AUDIZIONE DI ROMANO PRODI PRESSO LA COMMISSIONE MORO – 10 GIUGNO 1981
PRESIDENTE: Debbo richiamare la sua attenzione sul fatto che la Commissione assume le sue dichiarazioni in sede di testimonianza formale e sulle conseguenti responsabilità in cui ella può incorrere, anche in relazione al dovere della Commissione di comunicare all’Autorità giudiziaria eventuali dichiarazioni reticenti o false (…)
ROMANO PRODI: Ripeto quanto ho già scritto nella mia lettera. In un giorno di pioggia in campagna, con bambini e con le persone che penso vedrete successivamente, perchè sono tutte qui, si faceva il cosiddetto «gioco del piattino» (…) Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Naturalmente, nessuno ci ha badato; poi, in un atlante, abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno ne sapeva qualcosa e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa (…)
CORALLO: Per farla sentire meno ridicolo, dato che questa sensazione è un po’ comune a tutti … Mi scusi, professore, vorrei dirle che la scrupolosità della Commissione parte da un’ipotesi che dobbiamo accertare essere inesistente, e cioè - non credo molto agli spiriti - se ci possa essere stato qualcuno capace di ispirarli (…) Chi partecipò attivamente al gioco? Voi eravate tanti, però un ditino sul piattino chi lo metteva?
ROMANO PRODI: A turno tutti: c’erano 5 bambini; era una cosa buffa. Non crediamo alla atmosfera degli spiriti e che ci fosse un medium. Io le dico: tutti; anch’io ho messo il dito nel piattino (…)
PRESIDENTE: Non c’era un direttore dei giochi?
ROMANO PRODI: No. Bisogna vedere come se ne sono impadroniti i giornali; come di una seduta medianica, che non so nemmeno cosa sia, ma era un gioco collettivo invece, come tutti facemmo in quel momento; l’ho imparato dopo.
LAPENTA: Chi lanciò l’idea di questo gioco?
ROMANO PRODI: All’inizio il padrone di casa; non so… All’inizio ero in disparte con i bambini e dopo il gioco mi ha incuriosito.
FLAMIGNI: Come venne fuori la specificazione «casa con cantina»?
ROMANO PRODI: Ne sono venute fuori diecimila di queste cose: è venuto fuori «cantina», «acqua». In questo momento non lo ricordo nemmeno; il gioco è andato avanti per ore (…) Ripeto che non ho preso sul serio queste cose e, evidentemente, se non ci fosse stato quel nome, non avrei nè raccontato nè detto la cosa perchè cerco di essere un uomo ragionevole, onestamente.
FLAMIGNI: Nella testimonianza che lei ha reso al giudice dice: «Fui io a comunicare al dottor Umberto Cavina, nonchè il giorno prima alla Digos di Bologna attraverso un collega universitario, la notizia concernente la località: Gradoli, in provincia di Viterbo. A tale indicazione, con l’aggiunta che poteva trattarsi di una casa…»
ROMANO PRODI: Guardi, non me lo ricordavo neanche per il poco peso che gli ho dato. Ne sono saltate fuori tante di queste cose! Tutti hanno detto che non conoscevano questo paese; questo era importante.
PRESIDENTE: La notizia era talmente importante che se l’avessero ben utilizzata, le cose probabilmente sarebbero cambiate.
ROMANO PRODI: Non ho mai creduto a queste cose … sarà stato un caso.
COLOMBO: Tutte le persone parlavano di un paese…
ROMANO PRODI: Bolsena, Viterbo, Gradoli; si faceva la targa VT; i monti Volsini… ripeto, dopo si dava importanza perchè avevamo visto dove erano; con la carta geografica in mano, fa tutti i «ballottini» che vuole…
CORALLO: «Ballottini» sta per piccoli imbrogli.
ROMANO PRODI: Con la carta geografica davanti davanti, lei capisce non è più…Scusi l’espressione.
FLAMIGNI: Dopo la seduta spiritica…
ROMANO PRODI: No, era veramente un gioco.
FLAMIGNI: Non si può chiamare seduta spiritica.
ROMANO PRODI: Non me ne intendo; mi dicono che ci vuole un medium.
FLAMIGNI: Comunque il risultato, la conclusione è che almeno quando viene fuori la parola «Gradoli» le si attribuisce importanza perchè lo si comunica alla segreteria nazionale della Dc, al capo della Polizia; poi, si muove tutto l’apparato.
ROMANO PRODI: Quando l’ho comunicato a Cavina m’ha detto che ce ne sono state quarantamila di queste cose. Fino al momento del nome, non era stato molto importante; per scrupolo (…) lo comunichiamo (…)
FLAMIGNI: Lei venne appositamente a Roma per riferire a Cavina?
ROMANO PRODI: No, era un convegno…non ricordo su che cosa, e dovevo venire a Roma.
FLAMIGNI: E quanti giorni dopo il «giochetto»?
ROMANO PRODI: Due-tre, non ricordo (…)
FLAMIGNI: Chi interpretava le risposte del piattino?
ROMANO PRODI: Un po’ tutti. Era semplice, vi erano le lettere, si mettevano in fila e si scrivevano.
FLAMIGNI: Bisognerebbe capire qual era esattamente lo svolgimento del gioco (…) quali erano le domande poste.
ROMANO PRODI: Le domande erano: dov’è? perchè? Moro è vivo o morto? Del resto, persone che hanno fatto altre volte il «piattino» sanno di che cosa si tratta e possono darle spiegazioni più esaurienti.
BOSCO: Chi erano le persone che l’avevano fatto altre volte?
ROMANO PRODI: II professor Clò, ad esempio, ed altri che risponderanno perchè sono tutti qui (…)
FLAMIGNI: (…) sarebbe importante quantificare quali furono le domande.
ROMANO PRODI: Questo non ha niente a che fare con la tecnica del gioco ed è evidente che me lo ricordi. Le domande erano: dov’è Moro? Come si chiama il paese, il posto in cui è? In quale provincia? E nell’acqua o nella terra? E’ vivo o morto?
FLAMIGNI: Quali erano le risposte ad ognuna di queste domande?
ROMANO PRODI: Qui intervengono problemi tecnici sui quali potranno essere date spiegazioni più esaurienti delle mie; comunque, vi erano delle lettere su un foglio e il piattino, muovendosi, formava le parole e indicava sì o no.
FLAMIGNI: Che cosa succede: uno mette il dito su questo piattino?
ROMANO PRODI: No, tutti.
FLAMIGNI: Ad un certo momento parte un impulso per cui il piattino si sposta e va su una lettera?
ROMANO PRODI: Sì. Posso comunque dire che, dopo questa esperienza, ho trovato tanta gente che mi ha confessato di aver fatto la medesima cosa.
CORALLO: (…) Di solito, quando il piattino comincia a muoversi, la domanda che si fa è: chi è l’interlocutore, lo spirito con il quale ci si intrattiene.
ROMANO PRODI: Alla fine è accaduto anche questo, ma all’inizio no. C’è stato chi ha detto: interroghiamo Don Sturzo o La Pira, ma le prime risposte, in un primo momento, erano soltanto sì o no.
CORALLO: L’interlocutore era dunque ignoto.
ROMANO PRODI: All’inizio sì, poi vi furono anche interlocutori vari tra i quali, per quel che mi ricordo, Don Sturzo (…)
CORALLO: Si trattava dunque di un gioco in famiglia, tra amici. Un’ultima domanda professore: tra i partecipanti, vi era anche qualche esperto di criminologia?
ROMANO PRODI: No, assolutamente no (…) Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna di politica economica, il professor Clo, che ha l’incarico di economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello che è un biologo (non so di quale branca, anche se mi pare genetica) e vi era anche il professor Baldassarri che è economista, ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna. Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so cosa facciano professionalmente.
SCIASCIA: Nella lettera che è stata mandata alla Commissione, firmata da tutti voi, si dice che la proposta di fare il gioco è partita dal professor Clo.
ROMANO PRODI: Perchè era il padrone di casa.
SCIASCIA: Nella lettera si aggiunge che tutti vi parteciparono a puro titolo di curiosità e di passatempo, che la seduta si svolse in un’atmosfera assolutamente ludica.
ROMANO PRODI: Vi erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni!
SCIASCIA: Si dice anche che nessuno aveva predisposizione alcuna di tipo parapsicologico o, comunque, pratica di queste cose, ma una certa pratica di queste cose qualcuno doveva pur averla!
ROMANO PRODI: Certo, a livello di gioco, la tecnica era conosciuta; però pratica di queste cose direi che non vi fosse. Ripeto, a posteriori, mi sono reso conto che vi è gente che tutte le sere lo fa!
SCIASCIA: Tra i dodici, qualcuno aveva pratica di queste cose?
ROMANO PRODI: Intendiamoci sulla parola pratica, onorevole Sciascia. Se qualcuno lo aveva fatto altre volte voi lo potrete sapere chiedendo agli altri, ma nella nostra lettera abbiamo detto che non vi era nessuno che, con intensità, si dedicava a questo. naturalmente vi era qualcuno che, altre volte, l’aveva fatto.
SCIASCIA: Francamente, io non saprei farlo.
ROMANO PRODI: Anche io non sapevo farlo! Non ne avevo la minima idea e, infatti, mi sono incuriosito moltissimo.
SCIASCIA: La contraddizione che emerge è questa: se c’è una seduta di gente che crede negli spiriti o, comunque, nella possibilità che si verifichino fenomeni simili, se c’è una seduta di questo genere - ripeto - e ne viene fuori un certo risultato del quale ci si precipita ad informare la Polizia ed il Ministero dell’Interno lo posso capire benissimo, ma che si svolga tutto questo in un’atmosfera assolutamente ludica, presenti i bambini, per gioco, e che poi si informi di ciò la Polizia attraverso la mediazione di uno che non era stato presente al gioco, e se ne informi quindi il Ministero dell’Interno, a me sembra eccessivo e contraddittorio.
ROMANO PRODI: Ma è venuto fuori, onorevole, un nome che nessuno conosceva! Anche se ci siamo trovati in questa situazione ridicola, noi siamo esseri ragionevoli. Ci siamo chiesti tutti: Gradoli nessuno di voi sa se ci sia? Se soltanto qualcuno avesse detto di conoscere Gradoli, io mi sarei guardato bene dal dirlo. E’ apparso un nome che nessuno conosceva, allora per ragionevolezza ho pensato di dirlo.
SCIASCIA: Direi per irragionevolezza.
ROMANO PRODI: La chiami come vuole. La motivazione reale è che con una parola sconosciuta, che poi trova riscontro nella carta geografica, a questo punto è apparso giusto per scrupolo…
SCIASCIA: Poteva far parte della insensatezza del gioco anche il nome Gradoli.
ROMANO PRODI: Però era scritto nella carta del Touring.
SCIASCIA: La signora Anselmi dice che seguirono dei numeri che poi risultarono corrispondere sia alla distanza di Gradoli paese da Viterbo sia al numero civico e all’interno di via Gradoli.
ROMANO PRODI: Questo proprio non mi sembra … c’era sul giornale…
SCIASCIA: La signora dice di aver sentito questo dal dottor Cavina.
ROMANO PRODI: Onestamente io non.. Non avrei difficoltà a dirlo.
CORALLO: Nell’appunto di Cavina c’è il numero della strada.
ROMANO PRODI: Può darsi che negli appunti ci sia perchè dopo abbiamo visto sulla carta, strada statale, i monti vicini. L’importante è che si trattava del nome di un paese che a detta di tutti nessuno dei presenti conosceva. Capisco che era tutta un’atmosfera irragionevole, però…
SCIASCIA: Non mi sembra determinante il fatto che non si conoscesse il nome. Viterbo si conosceva e poteva benissimo trattarsi anche di Viterbo.
ROMANO PRODI: Se fosse stato Viterbo, non ci avrei badato perchè si può sempre comporre una parola che si conosce.
SCIASCIA: Chi ha deciso di comunicare all’esterno il risultato della seduta?
ROMANO PRODI: L’ho fatto io perchè ero l’unica persona che conoscesse qualcuno a Roma. Ho parlato con tutti, con Andreatta etc. Non è che ho telefonato d’urgenza; ho detto vado a Roma e lo comunico. Questo è stato deciso una volta che si è saputo che esisteva questo paese che nessuno conosceva.
SCIASCIA: Ora le farò una domanda che farò a tutti. Lei ha mai conosciuto nessuno accusato o indiziato di terrorismo?
ROMANO PRODI: Mai.
COVATTA: II senso della domanda è se qualcuno aveva interesse ad ispirare gli spiriti.
ROMANO PRODI: E’ sempre la domanda che mi sono sempre posto anch’io.
BOSCO: All’interrogativo che si è posto, come ha risposto? Cioè se qualcuno poteva aver ispirato gli spiriti.
ROMANO PRODI: Lo escluderei assolutamente.
BOSCO: Quindi si è trattato di spiriti.
ROMANO PRODI: O del caso … Non so … Mi sembra che il senso della domanda dell’onorevole Covatta sia quello di chiedere se c’era qualcuno che voleva fare «il furbetto», spingendo in un certo modo o rallentando. Questo no. D’altra parte…
FLAMIGNI: Se avessimo ascoltato un riferimento di quella seduta in maniera molto impegnata e che i protagonisti credevano veramente allo spiritismo e alla possibilità di avere qualche forza in aiuto, allora mi darei una spiegazione, ma proprio perchè il professor Prodi parla di tutto ciò come un gioco, la mia curiosità si accentua. Ritengo che qualcuno potesse anche sapere. Parto da questa considerazione per dire che voglio conoscere le domande effettive e le risposte che sono venute fuori.
ROMANO PRODI: Ho detto le domande effettive e le risposte. Uno dei problemi che si pone per una cosa del genere è proprio quello contenuto nella sua domanda. Crede che quando è uscito il nome di via Gradoli io non mi sia posto il problema di chiedermi se c’era qualcuno che faceva il furbo? Altrimenti non sarei qui in questa situazione in cui mi sento estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo (…)

Comunque stiano le cose è imbarazzante che il centrosinistra abbia candidato come premier un uomo che, oltre a essere “l’anticarisma” per eccellenza, abbia di queste ombre sulla sua persona. Peccato. Proprio il centrosinistra che vantava una superiorità morale sul centrodestra, che non aveva macchie, ora invece è passibile di vergognose accuse, imbarazzanti allusioni. Con Prodi c’è solo che da perdere. Anche per colpa di questo episodio. Non resta che sperare che Berlusconi ne combini altre delle sue.