mercoledì, aprile 12, 2006

Provenzano arrestato


PALERMO, 11 aprile 2006 - L'hanno preso in un casolare semidiroccato nella campagna di Corleone. Bernardo Provenzano, il superlatitante, l'uomo di cui neppure si conosceva il volto. Prima ha tentato di negare, poi ha ammesso: "Sono io".Il 'colpo' è stato messo a segno dalla polizia di Palermo, insieme al Servizio Centrale Operativo (Sco) e alla Direzione Centrale Anticrimine (Dac) . Quando è entrato il funzionario dello Sco nel casolare di Corleone, Bernardo Provenzano, vistosi in trappola, ha tentato prima di chiudere la porta a vetri, che ovviamente è stata subito sfondata con la forza. Appena si è trovato di fronte il poliziotto, il boss di Cosa nostra ha tentato di opporre resistenza ma dopo pochi minuti ha alzato le braccia in segno di resa e si è fatto ammanettare. Non era armato e ha subito ammesso la propria identità. Nell'operazione sono state identificate varie persone, tra cui un pastore sui 50 anni che forse viveva in un ovile vicino al casolare. A bordo di un elicottero, Provenzano - che assomiglia molto al fotofit realizzato un anno fa dalla polizia - è stato accompagnato prima all'aeroporto militare di Bocca di Falco di Palermo e da lì verrà portato in auto, scortatissimo, nei locali della squadra Mobile. Ad attenderlo, squadroni di telecamere e fotografi. Provenzano, come è noto, comunicava con i suoi uomini attraverso i 'pizzini', bigliettini scritti a macchina con cui impartiva gli ordini. Proprio attraverso il monitoraggio di questi bigliettini si è alla fine arrivati alla cattura. E anche al momento dell'arresto aveva con se alcuni 'pizzini'. Nel casolare è stata trovata anche la macchina per scrivere usata per i 'pizzini', oltre a un libro di medicina illustrata. Al di là dell'ammissione dell'interessato, la polizia ha proceduto immediatamente a fare il test veloce del Dna, che ha immancabilmente identificato il boss dei boss Bernardo Provenzano ''Provenzano non è stato tradito da nessuno, non ci siamo avvalsi di pentiti né di confidenti. Lo abbiamo preso grazie a indagini condotte in vecchio stile: attraverso pedinamenti e intercettazioni. a un certo punto abbiamo deciso di agire''. Lo afferma il Questore di Palermo, Giuseppe Caruso. Bernardo Provenzano è stato già condannato definitivamente più volte all'ergastolo. Nella lunghissima lista di provvedimenti giudiziari a carico del boss catturato oggi dopo 43 anni di latitanza, figurano infatti diversi ordine di esecuzione pena relativi a sentenze che gli hanno inflitto il carcere a vita. Questa cattura è un’ evento molto importante. Pone fine ad un’ incubo durato 43 anni. Ha decapitato la mafia del boss per eccellenza. Ma ha soprattutto una rilevanza simbolica. Provenzano ha preso in giro l’ordine costituito per quasi mezzo secolo. Con arroganza, invece di scappare all’estero, è rimasto in Italia sfidando tutte le forze dell’ordine,
La speranza è che questa cattura non venga usata per misere speculazioni politiche, ma a quanto pare il polo a già fatto capire che questa cattura è merito della sua gestione della sicurezza.
In questa storia non vi è nessun merito ma solo negligenze e omertà.
Lo stato ha mandato un messaggio, la mafia ancora esiste e deve essere sconfitta. Ma non solo con catture e retate, ma anche da politiche sociali ed economiche. Perché la verità è che la mafia nel mezzogiorno è uno dei pochi mezzi per non morire di fame, è un grande datore di lavoro. Lo stato ha il dovere di mettere questa gente nella condizione di poter fuggire dalla mafia, con riforme vere e non con la propaganda.

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