domenica, novembre 27, 2005

A proposito delle esternazioni di Cossutta sulla falce e martello

Bufera nel Partito dei Comunisti Italiani. Il leader spirituale del partito Armando Cossutta ha dichiarato di voler togliere il simbolo della falce e martello e ha aggiunto che a sua visione il comunismo è morto. Dichiarazioni ovviamente seguite da polemiche, Diliberto e Rizzo sono insorti. Eppure era ora che qualcuno di un partito comunista lo dicesse. La falce e martello riconduce a Stalin, ai gulag, a Pol Pot, a polizie politiche spietate, alla grande utopia del ‘900 e a tante altre nefandezze delle quali è stata vessillo. È giusto così, è la storia delle idee, che devono rinnovarsi per non diventare storia anch’esse. A mio avviso bisognerebbe pure eliminare la parola “comunista” dai partiti che la usano. Essa è il miglior strumento dei reazionari, dà agli avversari la possibilità di critiche troppo facili e dalle quali difendersi è troppo difficile. Sono convinto che un partito che avesse le stesse idee di rifondazione e che non si identificasse nella falce e martello avrebbe maggior successo che con essa e che uscirebbe dal purgatorio 4%, 6% di rifondazione. Il comunismo è morto. Comunismo significa auspicare una rivoluzione violenta, comunismo nelle parole di Marx è una spallata rivoltosa alla quale dovrà seguire la dittatura del proletariato. Tralasciando le critiche che pure sono reali alla visione dicotomica della società che aveva Marx (borghesia vs proletariato), non si può pretendere nel 2005 di fare proselitismo con queste idee. Guardate Alleanza Nazionale, è diventato partito a due cifre solo dal congresso di Fiuggi in poi ove si è ripulita dell’identità fascista. Sarà opportunismo, sarà ipocrisia ma in qualsiasi caso è l’unico comportamento possibile. Se i Bertinotti o i Rizzo non volessero giocare sul sicuro, sfruttando i voti dei “nostalgici”, un rinnovamento partendo dai simboli passando per l’impianto teorico sarebbe il toccasana della sinistra radicale. C’è chi dice che in Italia la falce e martello simbolo del P.C.I. non abbia fatto male a nessuno e che il comunismo nostrano è la storia della difesa della repubblica è la storia delle lotte sociali e tanto altro. Tutto vero, ma è difficile far capire all’uomo della strada che le Br, che i sequestri, che l’omicidio di Calabresi, che i disordini dal Sessantotto agli anni Ottanta, che le molotov, che le stragi fasciste stesse non siano frutto del nostro comunismo. La difesa del comunismo italiano è un lavoro da storici raffinati non da persone comuni. Aprite le pagine web dei mille partiti, partitini, movimenti, collettivi sedicenti comunisti che pullulano per la rete e vedrete che auspicano la rivoluzione, che si propongono come avanguardia cosciente del proletariato, che augurano il fucile in spalla agli operai, che scrivono come comunisti del 1920 o giù di lì e questo per l’elettorato è il comunismo, questo è la falce e martello. Chi è a sinistra degli ormai liberisti Ds non può farsi fregare da simboli triti ed anacronistici. Il comunismo deve rifondarsi veramente, trovando nell’evoluzione e nell’abbandono del giacobinismo ottocentesco marxista la via che porterà a difendere meglio le classi disagiate.
Non bisogna scordare che Berlusconi ha vinto le elezioni dando del comunista a tutti. Significherà qualcosa, no?

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